Il Canto di Natale (A Christmas Carol, in Prose. Being a Ghost-Story of Christmas), noto anche come Cantico di Natale, Ballata di Natale o Racconto di Natale, è un romanzo breve di genere fantastico del 1843 di Charles Dickens (1812-1870), ed è anche una delle sue opere più famose e popolari. È il più importante della serie dei Libri di Natale (The Christmas Books), una serie di storie che include anche Le campane (The Chimes, 1845), Il grillo del focolare (The Cricket on the Hearth, 1845), La battaglia della vita (The Battle for Life, 1846) e Il patto col fantasma (The Haunted Man, 1848).
Il romanzo è uno degli esempi di critica di Dickens alla società ed è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo. Narra della conversione del vecchio e tirchio Ebenezer Scrooge, visitato nella notte di Natale da tre spiriti (il Natale del passato, del presente e del futuro), preceduti da un’ammonizione dello spettro del defunto amico e collega Jacob Marley. Il Canto unisce al gusto del racconto gotico l’impegno nella lotta alla povertà, allo sfruttamento minorile e all’analfabetismo, problemi esasperati apparentemente proprio dalla Poor Law (Legge contro la povertà).
TRAMA
Il Canto di Natale è suddiviso in cinque parti, con il protagonista che viene portato a un profondo cambiamento da tre spiriti.
Il ritratto del protagonista e l’avvertimento di Marley
Londra, 1843. Ebenezer Scrooge è un anziano banchiere, molto ricco ma mostruosamente avaro ed egoista, che non spende nulla nemmeno per sé (al punto che, nonostante la sua ricchezza, veste di stracci e fa una vita da nullatenente) e odia fortemente il Natale, ritenendolo soltanto una perdita di tempo e un giorno in cui, per la festività, non si può lavorare e guadagnare soldi (rimprovera Dio stesso per il riposo domenicale che intralcia il commercio e il guadagno). Talmente infastidito dalla festività, Scrooge non solo lavora ogni giorno con turni più lunghi di quelli degli operai nelle fabbriche, ma costringe il suo umile impiegato contabile Bob Cratchit, al quale dà uno stipendio da fame, a fare altrettanto, obbligandolo a presentarsi al lavoro rimanendo in ufficio fino a tardi anche il giorno della Vigilia di Natale e il giorno di Santo Stefano e concedendogli con enorme risentimento di non lavorare il giorno di Natale. Per questo suo insano attaccamento al lavoro e al denaro, Scrooge è piuttosto odiato da molti cittadini.
Il giorno della vigilia di Natale, uscito dall’ufficio, Scrooge guarda storto e risponde male a tutti coloro che intonano un “Canto di Natale” o che gli fanno gli auguri; non è gentile neppure con l’affettuoso nipote Fred, suo unico parente in vita, figlio della defunta sorella Fanny, che gli fa visita in ufficio, gli fa gli auguri e tenta di invitarlo a cena insieme alla sua famiglia. Quando, rincasando, arriva sull’uscio, a Scrooge sembra di intravedere tra la neve, specchiato nel picchiotto del suo portone, il volto del defunto socio in affari Jacob Marley, morto esattamente sette Vigilie di Natale prima, e ne resta profondamente turbato. Entrato in casa, mentre cena seduto vicino al camino, comincia a percepire strani fenomeni: sente il rumore di un carro funebre che si trascina invisibile sulle scale avvolte nel buio e un rumore di catene nella cantina, poi vede oscillare da sola una campanella collegata.
A questo punto si apre una porta e compare il fantasma di Marley: una visione tremenda, resa ancora più terrificante quando, scoperte le bende per mostrare il volto, gli cade la mascella dal viso. Intorno alla vita, porta una catena forgiata di lucchetti, timbri, portamonete, assegni e banconote, tutte cose che, secondo la sua stessa ammissione, lo hanno distolto dal fare del bene agli altri, accumulando denaro solo per sé. Il rimpianto per avere vissuto chiuso nel proprio egoismo lontano dalle persone che amava e che lo amavano costituisce la sua pena eterna, una dannazione che lo costringe a vagare per il mondo senza potere vedere la luce di Dio. Il suo unico sollievo è potere ammonire Scrooge, perché la catena che egli si sta forgiando è ben più lunga e pesante della sua, e se andrà avanti così anche lui subirà la stessa sorte, come testimonia anche il fatto che, nel frattempo, sono apparsi anche i fantasmi degli usurai, peggiori persino degli avari. Marley gli annuncia allora la visita imminente di tre spiriti: uno che incarna il Natale passato, un altro che simboleggia il Natale presente e per ultimo quello che rappresenta il Natale futuro. Scrooge non ne rimane però troppo turbato e, quando questi fantasmi scompaiono, si corica.
Lo Spirito del Natale Passato
All’una di notte di Natale appare lo Spirito del Natale Passato, un fantasma bianco circondato da una corona di luce che si sprigiona dal capo, simile a una candela, con in mano un cappello a forma di spegnitoio e un ramo di agrifoglio. Lo spirito sveglia Scrooge e lo porta indietro nel tempo a rivisitare la propria infanzia dimenticata, nel suo paese d’origine: in una scena è bambino sui banchi di scuola, mandato a studiare in collegio dal padre, che ha voluto allontanare il figlio maggiore dalla famiglia per distrarre sé stesso e i familiari dal dolore per la morte della madre di Scrooge; Ebenezer era solo, triste e senza amici, studiava (con la paura di subire severe punizioni) in un’aula buia e fredda, ma amava ancora il Natale. In un’altra scena, qualche tempo più tardi, arriva la sua sorellina Fanny, tornata per riportarlo a casa, dopo avere convinto il padre a riprenderlo in famiglia. È un momento felice, un abbraccio tra i due, stretti da un affetto immenso, con il giovane Ebenezer che salta di gioia. Il fantasma ricorda a Scrooge l’affetto che lo legava alla famiglia e che il figlio di Fanny, il nipote Fred, rappresenta l’unico parente. Ricordando la sgarbatezza con la quale lo ha trattato, Scrooge comincia a provare rimorso.
Qualche anno dopo Ebenezer e l’amico Dick Wilkins sono apprendisti contabili presso l’anziano e benevolo Fezziwig: anche qui è Natale, e Fezziwig fa allestire l’ufficio in modo da trasformarlo in una sala da ballo dove si terrà una festa sontuosa. Nelle piccole follie natalizie dell’allegra compagnia cadono le differenze di classe e giocano e ballano tutti, bambini, giovani e anziani, con Fezziwig e la moglie che scherzano con tutti. Scrooge è messo di fronte con imbarazzo al ricordo di come lui, quando lavorava come impiegato, si trovasse così bene e provasse così tanta gioia con così poco sforzo grazie al buon Fezziwig, in contrasto con i suoi abituali comportamenti nei confronti del suo impiegato Cratchit.
La scena cambia ancora e appare uno Scrooge adulto, ormai ricco, trasferitosi con Marley come capo-finanziere nel suo nuovo studio omonimo dopo la morte del padre e di Fezziwig. Scrooge è di fronte a Bella, la sua vecchia fidanzata, una ragazza povera e senza dote dopo la morte dei genitori: ella vuole lasciarlo libero, consapevole che la promessa che egli le fece quando erano entrambi poveri e giovani non può essere mantenuta ora che Ebenezer, probabilmente per l’influenza di Marley, è così cambiato caratterialmente; Scrooge si rivede accettare con malcelato sollievo l’offerta della ragazza, e da quel giorno sarà solo e gelido a crogiolarsi nel suo denaro.
Dato che il passato non si può cambiare Scrooge è disperato e implora il fantasma di non tormentarlo più. Lo spirito porta Scrooge ad assistere a una cena di Natale: riconosce la sua ex ragazza, ormai sposata da anni, con tanti figli, ancora povera ma felice, che racconta sarcasticamente che Marley è abbandonato sul letto di morte e neanche il suo vecchio amico Scrooge è lì per confortarlo. Impaurito e preso dal rimorso, Scrooge schiaccia il copricapo-spegnitoio sulla testa del fantasma-candela fino a farlo scomparire, ma la luce chiusa nel cappello inonda tutto il pavimento come un diluvio terrorizzando il vecchio. Questi si ritrova nella sua camera da letto a dormire e riposarsi, per poi affrontare lo Spirito del Natale Presente.
Lo Spirito del Natale Presente
Scrooge viene svegliato nel cuore della notte dal secondo spirito, quello del Natale Presente, molto simile alla figura di Babbo Natale: appare come un gigante dall’aria gioviale e allegra, con un viso sorridente adornato da lunghi capelli ricci e barba rosso-castani, che indossa una veste di colore verde orlata di pelliccia bianca e una corona di agrifogli sul capo e porta una torcia-cornucopia nella mano; inoltre si presenta seduto sopra un trono di cibi e piatti natalizi e dice di avere oltre 1800 fratelli, i Natali presenti precedenti (facendo capire che il romanzo è dunque ambientato nel XIX secolo). Lo spettro conduce Scrooge a osservare alcune persone che trascorrono il Natale in pace e serenità, senza avere bisogno del denaro. Dapprima lo conduce dalla famiglia di Bob Cratchit, che sta consumando la sua povera cena di Natale: sono tutti felici, anche e soprattutto il piccolo Tim, il minore dei figli di Bob, storpio e malato, sebbene siano così poveri da non potere comprare nemmeno le medicine per Tim a causa del misero salario concesso al capofamiglia da Scrooge. Tutti cenano augurandosi a vicenda un buon Natale e un buon anno nuovo e brindando al signor Scrooge, perché, nonostante egli sia cattivo e odiato, permette loro di vivere e oltretutto mangia ancora meno di loro, anche per Natale. Impietosito, Scrooge implora lo spirito di dirgli se il piccolo Tim vivrà, e lo spirito risponde dicendo, con voce severa e triste: “Io vedo un posto vuoto nel povero focolare, e, accanto al camino, una gruccetta senza proprietario e gelosamente custodita“, per poi dire esplicitamente che, se le cose non cambieranno in futuro, Tim morirà in breve tempo. Scrooge è sconvolto e triste, e lo spirito gli dice le stesse parole che Scrooge stesso aveva detto ai due benefattori che erano passati nel suo studio, ai quali il protagonista aveva detto che secondo lui l’unica soluzione al problema della povertà era lasciare morire i poveri: “Così diminuisce la popolazione in eccesso” (frase che espone la teoria sostenuta dall’economista e demografo Thomas Robert Malthus, ritenuto “l’uomo più odiato del suo tempo”).
Il fantasma mostra poi a Scrooge altre persone che passano il Natale nei modi più vari: un gruppo di minatori che intonano tutti insieme un canto di Natale attorno a un focolare, due guardiani di un faro che brindando e cantando si scambiano un Buon Natale e infine dei marinai su un bastimento in mezzo all’oceano che si scambiano gli auguri e dedicano un pensiero ai loro cari: Scrooge è molto stupito da ciò che vede. Lo spettro lo riporta a Londra e lo conduce alla casa di suo nipote Fred, che sta passando il Natale in allegria con i suoi amici e i suoi parenti. Fred sta ridendo con i suoi invitati delle grottesche manie dello zio, eppure pronuncia parole di affetto per lui e brinda alla sua salute insieme a tutti, così come aveva fatto anche Cratchit. Prima di congedarsi, lo spettro porta Scrooge all’interno di una torre campanaria, annunciandogli la propria immininente morte a mezzanotte, poiché la sua vita dura solo una notte: effettivamente, Scrooge si accorge di qualcosa di bizzarro che sporge dalla veste dello spirito, i cui capelli stanno ingrigendo, e lo spirito gli dice che esso potrebbe essere un artiglio, data la modesta quantità di carne da cui esso è ricoperto. Egli allora apre la sua veste e mostra due bambini laceri, amareggiati e miserabili, che stavano ai suoi piedi nascosti dalla veste: essi rappresentano l’Ignoranza e la Miseria, a cui i poveri sono condannati dalla classe dirigente della quale Scrooge fa parte. Allo scoccare della mezzanotte, lo spirito del Natale Presente inizia a morire, con il suo cuore che si disintegra man mano che le campane (che sono quelle della cattedrale di San Paolo) suonano i dodici rintocchi della mezzanotte: cade a terra e la torcia che egli reggeva si spegne, segno della sua vita che finisce, e intanto invecchia ulteriormente e assume un aspetto scheletrico. Sconvolto, Scrooge domanda se i due bambini abbiano un rifugio o del cibo o delle risorse, ma sono essi a rispondergli. Il bambino che rappresenta l’Ignoranza si trasforma in un adulto maleducato e pericoloso e finisce per diventare un bandito che verrà arrestato e chiuso in una prigione; la bambina che rappresenta la Miseria diventa una prostituta con problemi mentali che in seguito, quando invecchierà, sarà rinchiusa con una camicia di forza in un manicomio. Entrambi rispondono a Scrooge con le sue stesse parole, che egli aveva pronunciato sempre ai due benefattori riguardo al problema della povertà e della criminalità (“Non ci sono le prigioni?” e “Non sono in funzione gli ospizi?“). Lo spirito muore lentamente, ridendo con voce debole, mentre l’Ignoranza e la Miseria si trasformano in polvere: al decimo rintocco della mezzanotte lo spirito si riduce a uno scheletro, che al dodicesimo rintocco si tramuta anch’esso in polvere.
Solo e sperduto nella nebbia, Scrooge attende l’arrivo del terzo e ultimo spirito.
Lo Spirito del Natale Futuro
Appare dunque lo Spirito del Natale Futuro, che si presenta come una figura altissima, avvolta da un mantello e da un cappuccio nero da cui nulla traspare se non una mano scheletrica che sporge da una manica del mantello. Scrooge gli chiede di dirgli qualcosa, ma egli, per rappresentare su di lui la paura del futuro e per fargli capire che deve essere gentile, rimane in silenzio per tutto il suo tempo e lo guida solo con il dito indice della mano.
Stanno ancora a Londra, ma nel Natale successivo, nel 1844. Ebenezer assiste a diverse scene, tutte accomunate dalla presenza di discussioni sulla morte di un vecchio molto tirchio, deriso e odiato da tutti. Due banchieri della City parlano del suo ormai prossimo funerale: mentre uno afferma di andarvi solo per puro dovere morale, l’altro, schernendo la tirchieria del defunto, è interessato soltanto a rifarsi a sue spese con la cena gratis del funerale. Un povero padre, che era debitore del vecchio uomo, non nasconde alla famiglia il sollievo per la sua morte, poiché a chiunque saranno trasferiti i debiti, il futuro creditore sarà comunque più buono di lui. In una sudicia baracca di rigattiere, Scrooge osserva disgustato la sua anziana domestica Mrs. Dillbert e altri loschi individui vendere a un ricettatore, il vecchio Joe, tutti i beni del defunto che hanno potuto rubare in casa sua, incluse le tende del baldacchino che ne proteggeva il corpo e la camicia sottratta dal suo abito funebre, commentando come la sua avarizia abbia finito per portare beneficio a loro.
Alla fine Scrooge comprende che, se non cambierà, davanti a lui troverà solo una dolorosa morte. Lo spirito infatti mostra all’uomo il suo letto di morte, con sopra il suo cadavere coperto dalle lenzuola. La scena si sposta nella casa del suo dipendente-schiavo: a Scrooge viene mostrata la povera famiglia Cratchit, distrutta dalla morte del piccolo Tim, deceduto per non avere avuto le medicine che la famiglia non poteva permettersi per il basso stipendio del padre che Scrooge sfruttava, e guarda il povero Bob mentre piange disperato insieme alla moglie. Infine, lo Spirito mostra a Scrooge la sua tomba, visitata unicamente dal nipote Fred, che è comunque felice di potere ereditare il suo patrimonio. Scrooge si pente di tutto ciò che ha fatto, anche quando vede, nello stesso cimitero, la tomba del piccolo Tim. Improvvisamente si apre una voragine sotto la sua tomba e il vecchio viene trascinato nella voragine, dove riesce ad aggrapparsi disperatamente a una piccola radice. Sul fondo della voragine Scrooge vede inorridito una bara vuota, dalla quale escono fuori le fiamme dell’inferno e i volti dei dannati. Giura quindi di cambiare e chiede perdono, ma precipita comunque giù per la profondissima buca finendo dentro la bara.
Il ravvedimento
Scrooge si risveglia nel suo letto, scoprendo che è di nuovo mattina. Affacciandosi alla finestra, chiede a un ragazzo di passaggio che giorno sia ed egli risponde che è Natale. Forte della lezione ricevuta la notte passata, manda il ragazzo a comprare il più grosso tacchino in vendita al negozio lì vicino, gli dà una grossa ricompensa in denaro e glielo fa caricare su una carrozza per farlo portare a casa di Bob Cratchit. Dopo essersi sistemato fisicamente, esce per strada salutando tutti con calorosa affabilità e augurando a tutti un buon Natale. A un certo punto incontra uno dei due uomini che gli avevano chiesto un contributo per i poveri, si scusa con lui per il suo comportamento del giorno prima e gli dona una grossa cifra di denaro. Trova poi la forza di presentarsi a casa di suo nipote, che lo aveva invitato per Natale: accolto con calore, passa il più bel Natale della sua vita. La mattina dopo, nel suo ufficio, aspetta l’arrivo di Cratchit. Egli, ignaro del cambiamento del suo datore di lavoro, arriva con affanno in ritardo: Scrooge lo affronta con il vecchio cupo cipiglio, gli dice che non è disposto a tollerare ancora questi comportamenti e che pertanto gli comunica, aprendosi in un sorriso mai visto prima, di avere deciso di dargli un generoso aumento di stipendio; poi, prima di fargli iniziare il lavoro in ufficio, lo manda a comprare del carbone per accendere i fuochi e lo invita a casa sua per parlare della loro situazione bevendo insieme un bicchiere di buon punch. Da allora Scrooge, buon amico di Cratchit e un secondo padre per il piccolo Tim (il quale, grazie all’aiuto dato alla famiglia Cratchit da parte di Scrooge, guarirà dopo avere avuto i farmaci che gli servono), diventa una persona molto amata e trova finalmente la pace nell’anima.
LA CRITICA
Le tematiche sociali
Se i primi due libri della raccolta dovevano avere colpito Stevenson, è sicuramente sul primo che si concentrò la sua attenzione. La sua commozione e lo stato di esaltazione da lui espresso rappresentano il trionfo unanime da parte della critica e del pubblico di allora: il 24 dicembre del 1843, poco dopo la sua prima apparizione nelle librerie, Il Canto di Natale aveva infatti raggiunto quota 6000 copie, cifra eccezionale data l’epoca e l’edizione deluxe del libro; la rilegatura rigida con velluto rosso a bordi dorati voluta dalla Chapman and Hall lo rendevano costoso. Conteneva anche le preziose illustrazioni del celeberrimo John Leech, vignettista della rivista satirica Punch. Leech, a differenza di Dickens, era dichiaratamente radicale e rivoluzionario, non un vittoriano nell’accezione comune del termine. In questa occasione speciale, però, anche la penna di Dickens, che era stata in passato più accomodante non risparmiò attacchi sarcastici alle classi alte.
Il 5 ottobre dello stesso anno egli aveva presieduto una serata di gala al Manchester Athaeneum, e prendendo la parola aveva denunciato la Poor Law, che invece di combattere la povertà l’accentuava sanzionando lo sfruttamento minorile nelle fabbriche. Pesava nella memoria dello scrittore l’esperienza degradante vissuta nell’infanzia, quando per pagare i debiti del padre fu mandato a lavorare in una fabbrica di lucido da scarpe, dove subì per sei mesi i maltrattamenti del padrone. Nonostante questo, a una prima espulsione del ragazzo dalla fabbrica la mamma insistette perché il proprietario se lo riprendesse ancora per un po’: cosa che Dickens non riuscì mai a perdonarle per il resto della vita.
Nel Blue Book di una commissione parlamentare dell’epoca e in particolare nel Second Report (Seconda Relazione) uscita solo qualche mese prima Dickens stesso aveva letto statistiche allarmanti sulla povertà in Inghilterra e sugli abusi, tanto più scioccanti in quanto le vittime erano soprattutto bambini. Statistiche toccabili con mano girando per i quartieri poveri (Dickens era solito farvi lunghe passeggiate a piedi ogni giorno) che spinsero Elizabeth Barrett Browning, poetessa e moglie dell’omonimo poeta a scrivere la celebre poesia Pianto dei bambini (Cry of the Children). Gli “Hungry Forties” (gli anni ’40 della fame) furono un periodo molto difficile per le classi meno abbienti, e il malcontento popolare verso il governo dovette crescere tanto da risvegliare gli intenti filantropici dei vittoriani, talora sinceri, talora motivati dalla paura della rivoluzione, che scoppiò un po’ dappertutto nell’Europa continentale.
Non furono solo le cause indipendentistiche, ma anche la fame dei popoli oppressi dallo sfruttamento capitalistico a fomentare ribellioni e conflitti, provocando la caduta di Luigi Filippo in Francia e i celebri moti mazziniani culminati con la fondazione della Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini: il 1848 fu, non a caso l’anno che vide la pubblicazione de Il Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedrich Engels. L’Inghilterra impedì però che questo malcontento fosse esasperato oltre il limite di guardia e per quanto questi segnali d’allarme non valsero a cambiare radicalmente la società, furono almeno presi i primi provvedimenti concreti, furono inoltre istituite diverse società filantropiche e movimenti di volontariato che dettero tra l’altro l’opportunità alle donne di uscire dalle mura domestiche dando loro per la prima volta una relativa indipendenza: per esempio Florence Nightingale, grazie allo straordinario successo ottenuto con il suo intervento a favore dei feriti della Guerra di Crimea, riuscì a muoversi con grande autorevolezza nella società inglese riuscendo a organizzare, a partire dal 1860, la prima scuola per la formazione professionale delle infermiere.
Critica testuale
Nel corso del Novecento, il Canto di Natale ispirerà alcuni simboli tradizionalmente legati al mondo del capitalismo anglosassone, come Zio Paperone (disegnato per Disney da Carl Barks con il nome di Uncle Scrooge) ispirandosi per i mustacchi al piumaggio del suo pappagallo Cacatua Alba [1].
Scrooge ispirerà anche il personaggoo dell’avaro Mr. Potter nel capolavoro cinematografico La vita è meravigliosa, oltre ad altri film natalizi dove il “cattivo” di turno viene miracolato e guidato sulla via dell’amore. Considerata una morality sulla falsariga delle sacre rappresentazioni medievali per la semplice simbolicità religiosa e l’aspetto melodrammatico, Il Canto di Natale è effettivamente un dramma in cinque atti, in cui le apparizioni che si presentano a Scrooge si aprono e si chiudono tra un sipario e l’altro, anche se le cortine del baldacchino dove dorme l’avaro rimpiazzano alla buona il sipario teatrale. Ma il Canto non è solo una parabola: rappresenta infatti lo sviluppo in chiave satirica e impegnata dei comici bozzetti dei Pickwick Papers, scenette umoristiche in cui compaiono quelle allegre e bonarie caricature destinate più tardi a trasformarsi nei mostri grotteschi del Canto e più avanti in quelli dei grandi romanzi. Mentre la figura del vecchio zio scapolone appare tratteggiata nel bonario Pickwick (affiancato nelle sue peripezie da Sam Weller, rivisitazione moderna in versione Cockney di Don Chisciotte e Sancio Panza), l’io cattivo di Scrooge appare nella breve storia di Gabriel Grub, avaro sagrestano rapito da un gruppo di malvagi spiritelli: essi gli fanno assistere a delle scene terribili il cui frutto finale sarà la conversione dell’avaro. Ma si tratta sempre dell’ennesimo bozzetto comico i cui personaggi sono ancora schizzati a matita: è solo con il Carol che Dickens acquisisce il successo e la capacità tecnica del romanziere, sviluppando il suo talento drammatico: a questo si unisce l’influenza del picaresco ereditato da Henry Fielding di cui era lettore appassionato, mentre il senso del macabro deriva dalla passione per il romanzo gotico. Raramente però, qualunque sia il tema trattato da Dickens, si può parlare di realismo, se non nel senso che i personaggi da lui creati sono “vivi” nel loro mondo fiabesco: Praz fa notare che si tratta di maschere in cui i tratti umani sono deformati come nelle vignette satiriche. Il Canto è dunque un racconto fantastico ma che racchiude verità profonde. Vive in una dimensione tutta sua come in Shakespeare, a cui Dickens è paragonato per il linguaggio poetico appena mascherato dalla prosa.
CANTO DI NATALE, 2022, Neri Pozza
Autore: Charles Dickens
Traduttore: Massimo Ortelio
Illustratore: Emanuele Fior
Editore: Neri Pozza
Collana: Spleen
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 08 novembre 2022
Pagine: 144 p., ill. , Brossura
Charles John Huffam Dickens è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico.