Intervista a Federica De Paolis “Da parte di madre”

Federica De Paolis, scrittrice, dialoghista cinematografica, scrive per “La Stampa”, autrice televisiva. Ha esordito nella narrativa nel 2006. Nel 2019 ha vinto il Premio Internazionale di Letteratura Città di Como nella categoria “Miglior thriller” con Notturno salentino, premio di cui Segnalibro è partner. Ha vinto il Premio DeA Planeta nel 2020 con “Le imperfette”, partecipando al concorso usando lo pseudonimo di “Paola Punturieri”, il nome della madre della scrittrice. Nel 2022 ha pubblicato “Le distrazioni” (Harper Collins), Premio Selezione Bancarella 2023.

L’ultimo romanzo di Federica De Paolis “Da parte di madre” (Feltrinelli) è un memoir, biografia per niente edulcorata di sua madre. Un resoconto del rapporto madre-figlia, un omaggio alla madre, alla simbiosi e alle fasi della vita. La vita e il trascorrere del tempo visti dagli occhi di Federica bambina / ragazza / adulta. In questo libro niente viene nascosto, il linguaggio è schietto e sincero, anche i termini utilizzati e la struttura narrativa ricordano un flusso di pensieri e di domande. Il racconto scorre, la vita va avanti e vediamo Federica crescere, mentre racconta la sua mamma così forte eppure così fragile.

L’amore è stato al centro della vita di tua mamma. Una persona stupenda che dava tutta sé stessa. Figlia, forse, di una generazione in cui la donna doveva dipendere, almeno emotivamente, dall’uomo. Tu scrivi Sembrava che, nel lessico di mia madre, “amore” fosse sinonimo di “sofferenza”. L’amore può essere sofferenza oppure ciò che è sofferenza non può essere amore?

L’amore può essere tutto, dipende da cosa si è disposti ad accettare e cosa si desidera. Però credo che esistano delle persone che confondono l’appagamento con la dipendenza, il benessere con lo strazio. L’amore traghetta con sé una dose di sofferenza (la gelosia, il possesso, la mancanza) ma è come se esistesse una soglia che non andrebbe varcata – per essere nel consesso della sanità. L’amore benevolo si trasforma, si asciuga dell’afflato iniziale, può solidificarsi mentre cambia temperatura. Gli amori “tossici” come vengono definiti oggi, sono sempre incendiari, pieni di emozioni ma colpiscono sicuramente delle persone che hanno un vuoto emotivo pregresso (si è pronti ad accettare qualcosa che viene riconosciuto come familiare), e sono distruttivi.

Così come l’amore, anche il sesso era un argomento molto chiacchierato in casa, con termini molto precisi. “Non avevo la benché minima idea di cosa fosse un orgasmo. Invece mia madre ne aveva moltissimi, e ne parlava spesso: vaginali, intensi, sconvolgenti.” L’orgasmo può essere assimilabile al modo in cui affrontavate la vita: tu in maniera cauta, lei a capofitto?

Gli orgasmi sono intimi e per molte donne, soprattutto, difficili da raggiungere. Mia madre li sbandierava, sicuramente in netta antitesi con la sua di madre che credo non abbia mai affrontato un argomento del genere. Per me si sono definiti come un orizzonte sicuro, al punto che durante i miei primi rapporti ero certa di raggiungerli, come se fosse una conseguenza certa dell’amore (della sessualità). La prima volta che ho avuto un orgasmo ero completamente impreparata, è stato come un fulmine a ciel sereno.

Il Preside chiama tua madre per dirle che potresti perdere l’anno per le tue continue assenze. Tua madre ti difende, vi inventate la stessa scusa, tra l’altro plausibile, però, mentre ritornate a casa, lei ti dà una spinta sulle scale. E basta. Non si apre più l’argomento. Il silenzio tra madre e figlia aumenta o diminuisce il divario emotivo? Quanto hanno contato per te le omissioni?

Le omissioni sono un tema centrale del libro. Esistono famiglie in cui la vita scorre tra il detto e il non detto, è una specie di cuccia emotiva nella quale la vita si dipana. Per noi è stato così, se da una parte argomenti come la sessualità venivano “chiacchierati” come se nulla fosse, certi nodi importantissimi venivano elusi. C’è una scena verso la fine del libro, dove mia madre sembra disposta ad affrontare la verità, come se fosse pronta a disvelarsi, eppure sono io che mi sottraggo. Immagino di affrontare una sofferenza troppo grande per me e per lei, dunque faccio un passo indietro. Mi comporto come lei. Ho imparato un certo tipo di educazione sentimentale. Da parte di madre.

“Mia madre mi deludeva, oltre a farmi soffrire.” Che cosa significa emotivamente essere delusi da una madre? 

Per i figli i genitori sono supereroi, soprattutto durante l’infanzia, l’adolescenza è il tempo della contestazione. La delusione si annida in quel campo del pensiero magico, dove capisci che tua madre (tuo padre) hanno un limite: piccolo, grande, immenso, non ha importanza. Un confine invalicabile che tu pensavi fosse facile da superare.

In un flashback parli della tua infanzia (1978-1981). Inizi con una citazione di Roth “Nessuna infanzia è priva di terrori.” E poi parli dei tuoi genitori che si lasciano. È questo il primo terrore per un bambino?

Sicuramente è stato il mio. Ogni incrinatura di un equilibrio per un bambino rappresenta uno strappo. Quando mio padre ha lasciato mia madre lei è crollata senza esimermi dalla sua sofferenza. Non concepiva il pensiero di tenermi lontana dal suo dolore (o forse da lei), mi ha sempre coinvolta. Nel bene e nel male. Però dice bene Roth, ognuno di noi, subisce un colpo che distrugge l’incanto dell’infanzia.

Tua madre ha subito violenza domestica e tu eri presente, e ti sei sentita in colpa. Lo sguardo dei bambini sarà sempre colpevole. Come si esce dal senso di colpa, se si può?

È una domanda difficile questa. Nel libro parlo di senso di colpa nella misura in cui, la prima volta che l’uomo in questione la picchia sono io a scatenare la miccia, rivelo una cosa che non dovrei dire, e accendo la sua incontrollabile collera. Il libro è pieno di questi episodi. A un certo punto sono fidanzata con un ragazzo che tradisco e lui ha un problema cardiaco e mi convinco di averlo causato io, di avergli letteralmente spezzato il cuore. La narrazione è mirata a enfatizzare questo tema, il senso di colpa: nonostante sia cresciuta in una famiglia laica, e abbia fatto discreti anni di analisi, si presenta a me, molto spesso. Il senso di colpa, in un paese come il nostro – per la mia generazione, di matrice democristiana – saluta ogni giorno che inizia: è come il caffè della moca, sobbolle dal primo mattino. Eppure andrebbe azzerato. È un concetto quasi astratto, dovrebbe essere valido solo per chi è cattolico, invece per molti di noi è ancora vivo. E certe volte, invalidante.  

Il tuo libro ha il sapore di un tempo, quelli della fine degli anni ’70 e degli anni ’80, anche negli oggetti. “Non sopportavo di vederla circumnavigare il telefono senza sosta, incupirsi per giorni se il Fisico spariva nel weekend, come non tolleravo le improvvise virate di allegria dopo una notte felice a casa sua.” Tua madre, oltre che dagli uomini, dipendeva anche dal telefono e dalla segreteria telefonica. La felicità poteva venire solo da lì. È proprio dalla segreteria telefonica che tu sei partita per scrivere di lei. Che cosa è stato per te quel telefono e la segreteria telefonica?

Il simbolo dell’attesa, della resa e di quel tipo di debolezza di cui parlavo all’inizio dell’intervista. Avrei voluto vedere mia madre reagire, staccare la presa, uscire di casa. Invece lei circumnavigava quell’oggetto come una sentinella, restava appostata sulla sua poltrona filtrando il mondo attraverso la segreteria. Sono partita da questo oggetto per raccontarla.

Attraversi gli anni ’90 parlando dei costumi dell’epoca. Tra questi i “maniaci”. “Negli anni novanta i maniaci sbucavano dagli angoli, sbavavano nei cinema, spuntavano fuori dai cespugli, con i loro uccelli fluorescenti e gli occhi spiritati, bastava dirgli “Buh!” e si liquefacevano come mammole.” Pensi che quel periodo sia passato oppure i maniaci, ora, si camuffano meglio, magari sui social?

Immagino che la rete ti apra un mondo di possibilità che a quei tempi era impossibile. Presumo che oggi esistano altri canali per gli esibizionisti, per i voyeur, per qualsivoglia forma di perversione. Detto questo forse ci saranno meno maniaci per strada ma il pericolo si centuplica per i minori. Perché la rete è una trappola mostruosa.

“In certe famiglie le apparenze se ne stanno in bella mostra a tavola, come il sale.” Quanto conta l’apparenza?

L’apparenza è un tema centrale nel nucleo familiare. C’è una frase meravigliosa di un libro di Christa Wolf che dice:  “Una famiglia è un’accolita di persone di età e di sesso diversi tese ad occultare rigorosamente imbarazzanti segreti comuni”. Sono d’accordo con lei. Poi per aprire il discorso a un orizzonte più ampio, oggi i social ci spingono più di ogni altra epoca a proiettare un mondo di apparenze, fatto di immagini di cibi squisiti, sorrisi smaglianti, location bellissime, scatti su scatti di una vita edulcorata e perfetta che non somiglia alla verità. Oggi, soprattutto per i giovanissimi, l’apparenza è il regno della normalità. E non credo questa sia un bene, tutt’altro.

Nel libro scopriamo che la casa è tua madre, è il silenzio, è la scrittura. Qual è oggi la tua casa?

Ogni giorno faccio quasi 8 chilometri in un parco vicino casa, camminare è una salvezza, il movimento del corpo mi porta – anche nei giorni più bui – a ritrovare un centro. Lo stesso accade con la scrittura, attraverso le storie che scrivo, vado in un luogo per me sicuro, edificante, libero. Quando scrivo, quando cammino, mi sento a casa. 

Se tu fossi un Segnalibro, in quale libro – a parte il tuo – staresti?

Io mi infilerei tra le pagine di “Pastorale americana”, di Philip Roth. Per me è il grande romanzo americano capace di raccontare la famiglia, la storia, le relazioni. Tutti i temi che abbiamo discusso in quest’intervista sono racchiusi in questo libro monumentale. Una famiglia apparentemente perfetta, la madre ex reginetta di bellezza, il padre (il mitico svedese: capelli biondi, occhi blu, sembianze nordiche) un tempo eccellente sportivo, scoprono un giorno che la loro adorata e unica figlia ha commesso un gesto terribile, e sono totalmente all’oscuro di ogni suo segreto: «La figlia che lo sbalza dalla tanto desiderata pastorale americana e lo proietta in tutto ciò che è la sua antitesi e il suo nemico, nel furore, nella violenza e nella disperazione della contropastorale: nell’innata rabbia cieca dell’America.»

INTERVISTA VIDEO a FEDERICA DE PAOLIS

LE CITAZIONI

Sei tornata, rigo dopo rigo, fino alla prima casa. Perché la mia prima casa sei tu.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Il silenzio è stato la mia casa, come la solitudine.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

La sua libertà non si barattava con nulla. Neanche con l’amore.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Mi insegnò che dopo il sesso poteva venire una leggera alterazione. Che l’amore era un malanno.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

“La ragazza ormai rischia l’anno”
“Meglio l’anno che la salute”
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Lei aspettava il suo amore, io di tornare all’inferno.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Il mio mondo era mia madre, mi sentivo al mio posto accanto a lei.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Cosa poteva esserle piaciuto di un uomo così? Imbalsamato e impomatato, vuoto come una camera d’aria, artefatto come una statua di cera.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Quanti (e quali) amori si potevano succedere nel cuore di una donna?
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

In certe famiglie le apparenze se ne stanno in bella mostra a tavola, come il sale.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Non cercavo un amore spudorato, mi piaceva il non detto, la fibrillante linea di taciuto che nascondeva un’appartenenza. Pensavo al silenzio come all’amore, alle cose celate come all’affetto.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Assecondare la sua sofferenza, negare l’evidenza, cercare di proteggerla.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Lasciarsi picchiare, guarire, amarsi. Amarsi?
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

La punizione più grande che potesse infliggerle era l’assenza.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Quello che accade nei primi giorni dell’amore è destinato a diventare una regola, che si sceglie insieme di rivestire un ruolo, nel bene o nel male, per sempre.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Quello che accade nei primi giorni dell’amore è destinato a diventare una regola, che si sceglie insieme di rivestire un ruolo, nel bene o nel male, per sempre.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

Mi pareva che nella vita bisognasse scendere inevitabilmente a compromessi: di un uomo, si amava il corpo o la testa.
(Federica De Paolis ,Da parte di madre)

La scrittura è un luogo di salvezza. Una casa.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

Amore, per carità, piangi, sennò la volta dopo piangi il doppio.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

Andare via significa rinascere.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

La verità è versatile, mutevole, soggetta a più sensazioni.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

L’amore era una cosa seria, come le mie gonne al ginocchio, l’onestà e la rettitudine.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

Fece un sorriso, un’espressione rotonda, evangelica. Come se morire lo stesso giorno fosse un meraviglioso disegno del destino.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

Imparavo il nostro primo comandamento: l’omissione. La verità era immersa in zone d’ombra e luce. Era solo un punto di vista incrinato, ampio e sopportabile. La verità, in fondo, non esiste.
(Federica De Paolis, Da parte di madre)

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