Intervista a Laura Martinetti e Manuela Perugini “Dolce acqua”

Laura Martinetti è un’architetta libera professionista. Dipinge, progetta e crea da sempre. Manuela Perugini, avvocato, è socia in uno studio legale di Milano. Torinesi entrambe, si sono conosciute sui banchi di scuola e hanno creato questo meraviglioso sodalizio. Hanno già scritto insieme “Nient’altro al mondo” (2018), romanzo d’esordio. Il loro ultimo lavoro si intitola “Dolce Acqua”.

 Questo libro è stato per me un colpo di fulmine. Lo stile e il racconto si susseguono in un linguaggio al tempo stesso semplice e ricercato. Capaci di mostrare i sentimenti umani, senza giudicarli, e di entrare fino alle viscere. Il modo in cui un’epopea familiare (di due famiglie) fluisce tra le pagine, con un po’ di realismo magico, un potere (sinestesia specchio tattile), una “scocciatura” di due protagoniste, mi ha ricordato lo stile di Isabel Allende, soprattutto ne “La casa degli spiriti.”

In “Dolce acqua” si parla del Fiume Sesia, del lago di Bracciano, del mare della Versilia. L’acqua ricorda il fluire della vita, che scorre incessantemente, può essere salata o dolce, impetuosa o calma. L’acqua in sé è anche vita, ma può essere morte se blocca il respiro. L’acqua rappresenta l’esistenza. La dolce acqua è quella dove ci si può immergere senza paura. E l’acqua è anche il simbolo delle storie che si intrecciano, quella di Laura e Giulia, quella di Stefania e Anna, che hanno tanto in comune. Divise solo dal tempo che, come l’acqua, separa e unisce due rive opposte.

In “Dolce acqua” ci sono quattro protagoniste: Giulia, Anna, Laura e Stefania. Si alternano le vite di quattro bambine, ragazze, donne, e insieme a loro percorriamo tutto il secolo scorso.
Il libro è diviso in tre parti: la prima parte racconta in alternanza la storia di Laura e Giulia, la seconda parte – sempre in alternanza – la storia di Stefania e Anna. Nella terza parte Giulia e Anna finalmente si conoscono.

Non è per niente facile scrivere a quattro mani. Come avete lavorato a questo romanzo? Avete diviso tra voi i personaggi, i capitoli, oppure avete lavorato insieme in ogni momento?

MANUELA: Dolce Acqua è un libro della memoria. Per scriverlo, ognuna di noi ha attinto ai propri ricordi, elaborandoli, interpretandoli, reinventandoli e mettendoli su carta. Ad una fase iniziale, dove abbiamo proceduto individualmente, è succeduta una seconda fase in cui ci siamo “scambiate” le parti, consentendo una all’altra di intervenire sul testo e di revisionarlo. Non sono mancati brani scritti insieme, sedute spalla a spalla con lo stesso monitor davanti agli occhi. La scrittura, in ogni caso, è accompagnata dal dialogo che per noi è un fiume inesauribile, un fluire di riflessioni, di spunti e suggestioni che ci scambiamo e riscambiamo costantemente. Il risultato è un amalgama riconducibile ad entrambe.

Avete scelto come esergo una citazione tratta da Diario di Kierkegaard “La vita può essere capita solo tornando indietro; ma deve essere vissuta andando avanti”. Il passato (che sarà centrale in tutto il libro) e il futuro, nella linea del tempo, rappresentano conoscenza e speranza?

LAURA: indagare il passato significa voler conoscere quello che siamo, comprendere ciò che abbiamo ereditato e a volte ciò da cui vogliamo affrancarci. Lo sguardo al futuro deve contenere speranza, altrimenti saremmo condannati ad una vita di eterno presente privo di fiducia, desiderio, sogni.

I luoghi sono molto importanti nel vostro libro, sembrano avere una voce propria. Torino è la prima città che incontriamo. La descrivete in maniera molto vera, cruda a volte. Torino è una città che accoglie, ma che al tempo stesso rimane distante, in una sorta di dicotomia che è impressa nelle mura. Torino è anche la città che vi ha fatto incontrare e che vi ha legate. Che cos’è per voi Torino? Una città dove andare o da cui scappare?

MANUELA: per me che non abito più a Torino, è la città dove vivono persone che amo e a cui tornare.

LAURA: Torino la amo e la patisco. Mi accoglie quando il mio umore è sereno, mi respinge quando sono cupa. Custodisce tutti i miei ricordi e le persone a cui sono legata, Manuela compresa, che torna sempre.

Luogo fondamentale della storia è il Baraggio, che poi si chiamerà “I Tigli”. Un posto con un’anima, poiché Laura l’ha vissuto da bambina e ha deciso di rimanere lì tutta la vita. Giulia ci andava per passare le estati da zia Laura, così quella era la casa d’infanzia che ha visto crescere anche lei. Soprattutto ha visto crescere l’amore tra le due. Un amore viscerale, unito da una complicità di gesti e comportamenti. Una similarità inconsapevole a Giulia. “Può un luogo essere l’amore? L’approdo di ogni ricerca, il respiro nel respiro?”

LAURA: I luoghi dell’infanzia restano sottotraccia, fanno parte di noi e noi di loro. Possono essere l’amore e il nostro approdo, un rifugio sicuro. Pavese sosteneva che nulla è più inabitabile di un luogo dove siamo stati felici. Io sono d’accordo ma non riuscirei a liberarmene, proprio perché li sento parte della mia persona. Li abiterei con dolore, struggendomi per la felicità perduta, vivendo nella malinconia di stagioni irripetibili.

Il tempo, la ricerca del tempo e il susseguirsi del tempo, il tempo perduto e il tempo recuperato sono temi che accompagnano tutto il libro. Il tempo, associato al luogo, parla anche di profumi e il profumo è una potente macchina del tempo. Un odore ci può riportare a un luogo o a una persona. Secondo voi diamo troppa importanza alla vista, quando ci sono altri sensi, decisamente più nascosti, ma più incisivi?

LAURA: Siamo pigri, la vista è il senso più facile da utilizzare ma gli altri sensi non sono meno potenti. Un profumo, un suono, il contatto con una superficie, tutto può trasportarci indietro nel tempo. Basta chiudere gli occhi e gli altri sensi ci investiranno.

La scena del Natale durante la guerra è una scena potentissima, soprattutto in questo periodo. Ragazzi costretti a uccidersi per motivi futili o spesso senza nemmeno sapere perché, in nome di un comando, di qualcuno che ha scelto che è giusto così, ma che sta sbagliando ogni cosa, perché la vita vale più di un confine, più di uno Stato, più del potere. Siamo durante la Grande Guerra, che ha visto cadere oltre 10 milioni di persone. Tedeschi e inglesi sono di fronte. E Brando racconta cos’è successo il giorno di Natale. Secondo voi la gentilezza, l’amore per gli altri, può vincere sulla violenza? La nostra unica salvezza sta nel fatto che coloro che hanno il fucile in mano devono buttarlo a terra?

MANUELA: Non dovrebbe essere necessario amare l’altro per non fargli la guerra. Basterebbe rispettare la vita umana, basterebbe avere umanità.

LAURA: Una cosa mi sento di dire. Non abbiamo imparato molto dal passato. Tuttavia, i gesti più coraggiosi, le vite salvate, penso ad esempio ai “giusti” della seconda guerra mondiale, sono state spinte dall’amore verso il prossimo. Persone che hanno agito superando la paura, rischiando la propria vita per trarre in salvo  perfetti estranei. Ho come l’impressione che oggi quasi ci si vergogni di pronunciare il termine amore, come fosse banale, superficiale perfino. Ci dovremmo ricordare che il contrario di amore è odio, di bene è male  termini che, purtroppo, siamo costretti a pronunciare spesso. Allora, la nostra salvezza dipende dall’amore che sapremo ritrovare verso gli altri: tendere una mano, buttare a terra un fucile, avere il coraggio di dire no.

Durante il fascismo ci sono state persone costrette ad aderire al regime anche se erano profondamente contrarie. C’era chi lo faceva per i figli, il tenente dice di non aver firmato la “non appartenenza alla razza ebraica” proprio per sottolineare a sua figlia che suo padre non si sarebbe piegato di fronte alle ingiustizie. Un pilota, un militare, che pensa che la guerra sia la maggiore delle pestilenze, la dice lunga sull’incongruenza umana. Renato, il padre di Stefania, aveva scelto il volo, non la guerra. La libertà ha sempre un costo?

LAURA: Durante il fascismo ci sono state persone costrette ad aderire al regime anche se erano profondamente contrarie. C’era chi lo faceva per i figli, il tenente dice di on aver firmato la “non appartenenza alla razza ebraica” proprio per sottolineare a sua figlia che suo padre non si sarebbe piegato di fronte alle ingiustizie. Un pilota, un militare, che pensa che la guerra sia la maggiore delle pestilenze, la dice lunga sull’incongruenza umana. Renato, il padre di Stefania, aveva scelto il volo, non la guerra. La libertà dovrebbe essere un diritto inalienabile. Di fatto, purtroppo, non è ancora così per tutti. Dovremmo ricordarcelo più spesso che per alcuni ha un costo tutt’oggi, per altri lo ha avuto in passato e lavorare perché in futuro questo non avvenga più.

Le lettere di chi è o è stato al fronte, sono sempre toccanti. Sempre. Nelle righe si legge la consapevolezza che la morte avrebbe potuto bussare presto e tutti dichiarano la nostalgia per le piccole cose, per i gesti lontani, mostrano amore senza vergogna. Alla fine noi viviamo per quelle che chiamiamo “piccole cose”, che poi sono le grandi cose della vita?

MANUELA: Le lettere di chi è al fronte raccontano tutte i medesimi sentimenti: la tenerezza verso una madre, la nostalgia del focolare di casa, il desiderio di ritrovare ancora il calore di un abbraccio. È l’amore racchiuso nelle piccole cose a rappresentare il richiamo più forte di fronte alla paura della morte. Se le piccole cose siano in verità le grandi cose della vita, non saprei dire. Certamente, non possiamo farne a meno.

LAURA: In quelle lettere leggo solo amore, disperato, agognato. Come può l’amore, in ogni sua forma, essere una piccola cosa?

Il libro affronta amori e sentimenti profondi, mancanze, tempo. Questo amore, tanto agognato, si può concretizzare, se si avrà coraggio di farlo o se il destino riuscirà a riunirli. In un altro momento Marida spiega a sua figlia Giulia che cosa sia l’amore: accettarsi nei pregi e nei difetti. L’amore, si chiede Giulia e io chiedo a voi, è benedizione o sortilegio? Libertà o condanna?

MANUELA: per me l’amore è un sortilegio. Anzi, un incantesimo.

 LAURA: quando arriva, squassa la vita, quindi, per come la vedo io, è sempre una benedizione. Poi, in alcuni casi può trasformarsi in un sortilegio, oscuro come un baratro. Sta a noi capire quando, e se, vada spezzato.

Tantissime coppie che oggi litigano, come fanno Stefania e Umberto, direbbero – se fossero sinceri – che all’inizio qualcosa ha colpito l’un l’altro tanto da decidere di sposarsi e pensare di essere felici insieme per tutta la vita. Purtroppo poi la vita, pian piano e senza preavviso, allontana i cuori e le persone non riescono più a parlarsi. Si può essere felici insieme, per sempre? O tutti gli amori felici sono quelli che finiscono prima di potersi distruggere?

MANUELA: è difficile rispondere. Di una cosa ho sempre avuto la certezza: gli amori impossibili non finiscono mai.

LAURA: si può essere felici per sempre. Ne ho avuto la prova vivendo con i miei genitori. Ma sono rari gli amori come il loro.

Non ci furono comandi, ma richieste, non ci fu obbedienza, ma fedeltà.” Raccontate l’amore anche attraverso Tito, il cane che ha voluto stare al fianco di Laura e con la quale ha un rapporto simbiotico, reciprocità di sentimenti e volontà di stare insieme. Secondo voi, il rapporto con i nostri animali domestici può eguagliare quello con gli esseri umani?

LAURA: Bisogna saperselo meritare l’amore di un animale, esserne degni: puro, incondizionato, che non chiede nulla in cambio. Mai screziato da sentimenti meschini. Possiamo dire lo stesso dei rapporti tra esseri umani?

Il rapporto tra Anna e sua madre Stefania è quello che chiameremmo di amore-odio. Caratteri molto diversi che spesso sfociano in litigi o mutismi. Eppure, sono anche le piccole cose che non ci piacciono quelle che alla fine rimangono impresse. L’adolescenza, poi, diventa quella via di mezzo di un amore che stringe ancora di più le maglie: la figlia si sente già grande e la mamma la vede ancora piccola. La madre decide tutto per lei negandole la scelta del liceo Classico e costringendola a iscriversi al linguistico (perché le lingue sono importanti). Le dice di no al motorino. Fa queste scelte per allontanarla da un ipotetico uso di stupefacenti, anche se ad Anna la droga fa repulsione. Come potremmo chiamare questo tipo di relazione tra figlia e madre?

MANUELA: il rapporto tra Anna e Stefania è un rapporto di amore e incomprensione. È la dimostrazione che l’amore, pur essendo molto, non è tutto

Il rapporto tra Giulia e suo padre è straordinario fino a un certo punto, poi viene quasi dissolto dal tempo che avanza. La figlia capisce o crede di non essere più una sua priorità né il centro dei suoi pensieri. Stefania, d’altro canto, adora suo padre, è il suo mito, il suo amore. C’è sempre un momento, se la vita ne dà occasione, in cui si smette di vedere il proprio padre come un dio e si incomincia a guardarlo come un uomo con i suoi difetti. C’è un modo per far sì che il crollo del mito non avvenga, oppure è un processo naturale che bisogna attraversare per crescere? Ogni figlia ama suo padre prima di allontanarlo?

LAURA: diventare adulti credo comporti la necessaria distruzione più o meno violenta delle figure genitoriali. Per rapportarci da pari a pari dobbiamo demolire l’idolo e riportarlo su un piano umano. Dopo, potrà avvenire il riavvicinamento e l’apprezzamento di chi abbiamo di fronte. Se ogni figlia ami suo padre questo non lo so. Ci sono, a volte, padri impossibili da amare.

La madre di Stefania, Clelia, ha una storia dopo tanto tempo con un uomo che non è il papà di Stefania. Però non vuole far entrare un patrigno in casa, non vuole turbare sua figlia. A volte essere madri costringe a mettere da parte l’essere donna?

MANUELA: non credo che il ruolo di madre richieda alla donna di rinunciare al suo essere anche altro. Forse, ci sono solo tempi e modi. Sta alla sensibilità di ognuna capire quelli giusti, per sé stessa e i propri figli. Clelia non rinuncia all’amore, ma decide di risposarsi solo dopo il matrimonio della figlia, consapevole che Stefania non avrebbe mai accettato in casa propria una figura maschile diversa dal padre.

La famiglia di Laura: madre, fratelli e sorelle, ad un certo punto le diventano estranei, e lei si sente sola anche mentre loro le stanno intorno. Quand’è che le famiglie diventano estranee? Quando manca la comprensione o è una condizione col tempo inevitabile?

LAURA: credo dipenda dal carattere di ciascuno. Quando si diventa adulti si acuiscono le differenze: un modo di sentire la vita diverso, un modo di vivere, di guardare il mondo, differenti. Ci si allontana forse senza rendersene conto, cercando altrove la complicità che non si trova in famiglia. L’affetto poi, è altra cosa.

Elda, sorella di Laura, è malata, è costretta a letto e le sue aspettative di vita sono molto basse. Laura ed Elda hanno un rapporto speciale, di sincero amore. Quanta forza deve avere una persona che lotta con la malattia per poter avere una vita dignitosa anche nello sguardo degli altri? A volte, il dover dipendere da altri è più doloroso della malattia stessa?

LAURA: Certamente oltre a lottare contro la malattia stessa, la persona che soffre lotta per tenersi aggrappato alla propria vita di prima e leggere negli occhi di chi ha accanto, uno sguardo compassionevole, una sofferenza nuova, non aiuta. Elda desidera a tutti i costi vivere, essere guardata e trattata con normalità, in questo si traduce la conservazione della sua dignità.

Voi lo chiamate “il morso della bestia”, dove la bestia è la malattia che trasforma l’essenza delle persone e le fa cambiare. “La bestia” morde il malato, ma anche le persone intorno che devono sopravvivere affrontando un dolore continuo. Parlate attraverso Elda di una malattia fisica, e con Stefania di una malattia mentale che è ancora più dura da gestire perché subdola e poco visibile. La malattia può essere più devastante della morte o la malattia porta con sé anche la speranza che tutto si possa sistemare?

MANUELA: ci sono malattie per le quali è esclusa qualsiasi ipotesi di guarigione e rimanere in vita comporta dolore e sofferenze, fisiche e/o psichiche. In questi casi, la morte può rappresentare per il malato l’unica vera forma di liberazione.

La morte e il lutto sono temi ricorrenti nel vostro libro. La prima volta che la incontriamo è quando Giulia, a 8 anni, affronta per la prima volta la morte di qualcuno che ha profondamente amato. Si dice che si diventa adulti, che si lascia la fanciullezza, quando si capisce che prima o poi si deve morire e che le persone a noi vicine, non saranno lì per sempre. Si perde il senso del tempo infinito davanti a noi. È così? La morte è il primo scalino per affrontare la vita?

LAURA: la prima volta che affrontiamo la morte di qualcuno che ci è caro, compiamo un passo in più verso la comprensione del significato profondo della vita. Un tempo prezioso a disposizione che ha una scadenza. Il bambino vive nell’idea di eternità, in un tempo lunghissimo di cui non percepisce lo scorrere. Forse è così. La morte è un modo per comprendere la vita.

Nel libro si affronta la morte delle persone care. La morte lascia ai vivi un vuoto che non potranno mai colmare se non con ricordi e pensieri, che sono “monchi” rispetto alla vita stressa. Secondo voi è vero quello che si dice: se non si dimentica una persona, questa non morirà mai? È più tollerabile una fatalità o un suicidio?

LAURA: La memoria è un modo per cercare chi non c’è più, ma spesso anche il ricordo può essere doloroso. Ricordare, sì, è un modo per continuare a dare un senso al vissuto di una persona, per rendergli onore. Penso che una fatalità sia più tollerabile. Un suicidio di una persona cara credo possa togliere la vita anche a chi la vita ancora ce l’ha.

Laura nel giro di poco subisce molti dolori, talmente acuti da distruggere ogni cosa. Si isola, cambia la sua visione della vita. Si può morire di dolore pur rimanendo in vita? Cambiare tutto può aiutare?

LAURA: sì, credo che alcuni dolori siano insuperabili. Penso che il cambiamento, se si ha la forza di farlo, possa essere un modo per rinascere, o per lo meno, di provarci.

Elvio e poi Giulia sono architetti. Così come lo è Laura Martinetti. Infatti devo dire che si evince l’amore per l’architettura, che diventa l’amore per la casa, per la scelta dei colori, per la passione che si riversa sui futuri abitanti dell’edificio. La bellezza può aiutare a vivere? L’architettura è alla ricerca della bellezza o dell’economia?

LAURA: la ricerca della bellezza eleva l’animo umano. Qualsiasi forma d’arte ci aiuta ad innalzarci, ad aprire cuore e mente. L’architettura ricerca la bellezza e l’armonia, ne sperimenta le possibili combinazioni. Se rincorre solo l’economia, non è architettura con la A maiuscola.

La bellezza di Stefania catalizza invidie e risentimenti. Cos’è per voi la bellezza, un’arma oppure una condanna?

MANUELA: la bellezza è una chiave che può aprire molte porte, ma da sola è niente. Vuoto cosmico. 

LAURA: può essere un’arma o una condanna. A volte apre porte, a volte le chiude. Spesso è accompagnata da pregiudizi. Bisogna considerarla per quello che è: un  dono effimero, che dice poco o nulla di chi lo possiede.

Laura, ragazza che ha vissuto sempre con la famiglia, un po’ da selvaggia, incontra la seduzione (che è poi anche il leitmotiv di Elvio, il padre di Giulia) e vuole farsi notare. Questo sentimento a volte cambia le persone – soprattutto le donne -, cambia il modo di porsi, di vestirsi, di parlare, spesso di essere. Cos’è secondo voi la seduzione, una parte nascosta che esce allo scoperto oppure un modo per catalizzare l’attenzione che ci manca?

LAURA: Penso sia una caratteristica innata. A volte si trasforma in gioco, altre, in un modo per  trovare conferme su se stessi. La seduzione inconsapevole è quella che più mi affascina.

Elda si augurò che la sorella avesse compreso il pericolo che ogni donna porta con sé” Laura è una ragazza dei primi del ‘900, quando il maschilismo e il patriarcato erano legittimati addirittura dalla legge, ma oggi, in una “ipotetica” parità, ancora si accusano le donne di provocare gli uomini per come si vestono, per gli atteggiamenti, a volte proprio e solo per il fatto di essere donna. Voglio sottolineare che anche all’epoca c’erano gli uomini che non si azzardavano a toccare le donne neanche con uno sguardo. Quindi, non c’è bisogno di leggi per chi ha un animo educato e integro. Purtroppo, però, per chi non arriva con la propria educazione a capire che gli esseri umani devono avere tutti gli stessi diritti e che bisogna rispettare il prossimo, c’è bisogno di una spinta obbligatoria verso un comportamento sano. Quanto lontani siamo da un’equità giusta e vera?

LAURA: siamo ancora troppo lontani. Senza dover per forza fare riferimento alla violenza sulle donne che, come ogni violenza non può essere minimamente concepita, purtroppo la mancanza di equità si rileva nel quotidiano: uno stipendio più basso, una battuta fuori luogo, la poca considerazione del lavoro casalingo, l’aspettarsi certe caratteristiche dalle donne. La lista è lunga. Le leggi ci sono, ma il vero cambiamento passa attraverso l’educazione, l’esempio in famiglia, forse anche l’istruzione.

Laura si veste con abiti maschili, nonostante siamo nel primo dopoguerra. È una ragazza / donna che sceglie e che vuole, senza pensare alle convenzioni (che vede ridicole), come per esempio fa la sorella Alma che vive una vita “normale” con un marito e un figlio che non ha scelto di avere, ma che deve subire perché è normale che sia così. Se le persone, soprattutto le donne, scelgono in maniera non convenzionale, vengono additate come strane, pazze, ignoranti verso la vita. Quanto è dura per le donne scegliere in maniera non convenzionale? Incasellare la persona in un “tipo” specifico (come fa Laura) è così facile? Siamo tutti incasellabili?

LAURA: tutte le scelte non convenzionali sono viste con sospetto. Si discostano da quella che si definisce normalità e quindi creano disagio, turbamento. Spiazzano. Io, al contrario ne sono attratta, affascinata. Laura ha un carattere forte, segue la sua natura senza chiedersi nulla. Vive come sente di voler fare. “Siamo tutti incasellabili?” Al contrario, nessuno è incasellabile. Ridurre una persona ad un tipo specifico denota poca conoscenza della persona e superficialità. Allora: “siamo tutti superficiali?” quando incaselliamo, sicuramente sì.

La solitudine è una questione di carattere, ma anche di scelta. Giulia non riesce ad amalgamarsi con le altre persone, si sente diversa, ma nello stesso tempo non vuole piegare il suo essere per gli altri. Quanto costa la solitudine?

MANUELA: io cambierei la domanda. Chiederei, piuttosto, quanto conta la solitudine? Le persone non sono più capaci di rimanere sole. Si accompagnano con chiunque e accettano compromessi pur di non rimanere sole. La solitudine spaventa. Stare soli significa stare con sé stessi. Io ho imparato a stare bene anche con me stessa. Anzi, a volte preferisco la mia compagnia.

LAURA: a me non costa nulla. Non la patisco. Patirei di più la compagnia forzata.

Il rapporto di affetto sincero tra Walter e Giulia, un anziano e una ragazza, quasi un nonno e una nipote acquisita, è molto toccante. Anche quello di Stefania e Adelaide, che hanno due ceti sociali completamente diversi. Si può entrare in intimità con qualcuno così distante da te, ma così vicino? Oppure queste amicizie sono sempre frutto di una mancanza da entrambe le parti?

LAURA: l’amicizia è un rapporto che può fiorire in ogni luogo. E’ un incontro fortunato tra anime affini. Non conosce età, genere né ceto sociale.

Sono gli anni 80 il momento in cui il rapporto genitori-insegnanti cambia. Fino agli anni 70, la maggior parte dei genitori è stata a supporto della scuola. Se l’insegnante puniva l’alunno, i genitori “davano il resto”. Negli anni 80 le cose cambiano. I genitori, prima di dare ragione agli insegnanti, hanno iniziato ad ascoltare i figli. Il papà di Giulia ha una dura diatriba con gli insegnanti, soprattutto con una a cui dice “Ma che lingua parla? Non capivo niente. Ho dovuto farmi ripetere le cose. Perché non se ne torna in Calabria a insegnare? Quando sono arrivato a Torino davano del meridionale a me che sono del Nord! Pensa che ignoranti.” A parte la questione meridionale a Torino, che forse fino agli anni 60 è stata davvero dura (adesso noi in Calabria diciamo che Torino è la città calabrese più a nord d’Italia), secondo voi come dovrebbe comportarsi oggi la scuola nei confronti di quei genitori che a volte arrivano addirittura alle mani per difendere il figlio? Siamo passati da un eccesso all’altro e gli anni 80 era una giustissima via di mezzo?

LAURA: la violenza fisica o verbale non la considero nemmeno. Non può accadere in un colloquio tra genitori e insegnanti o in qualsiasi altra situazione. Io cerco di insegnare ai miei figli, per prima cosa il rispetto per la posizione che ricopre un insegnante. Tuttavia insegno loro anche la capacità di analisi, la sensibilità per comprendere le persone. Non tutti gli insegnanti sono validi o illuminati, come accade in qualsiasi altra categoria. Allora, se hanno un incontro sfortunato, dico loro che la vera sfida è continuare a fare il proprio dovere con educazione e rispetto, consapevoli che non sempre le cose vanno come ci si aspetta. Penso che anche questa sia un’opportunità di crescita: affrontare piccole ingiustizie e delusioni.

Che cos’è la normalità?

LAURA: Per me la normalità coincide con la propria natura.

Se tu fossi un Segnalibro, in quale libro – a parte il tuo – staresti?

MANUELA: in un libro di Saramago, oppure in una fantasy

LAURA:  in Jane Eyre, il primo grande libro che ho letto e che mi ha fatto innamorare della lettura

INTERVISTA LIVE A LIBRACCIO ROMA

LE CITAZIONI

Cercare fantasmi è insidioso come entrare in un labirinto. Si può imboccare il bivio sbagliato, girare in tondo, smarrirsi. La morte, per chi resta, è un buco nero di domande che attendono risposte.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

E quel piombo curvò i cuori delle persone, incupì i volti e annebbiò le speranze.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Non lasciare che rubino la tua verità.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

I grandi non le piacevano granché. C’era sempre qualcosa di stonato nel modo in cui gli adulti le parlavano.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Non si aspettava nulla, facendosi scivolare il tempo sulla pelle.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Questa volta dimmi le meraviglie, e taci le delusioni.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

L’animo gretto distrugge ciò che non comprende, annienta ciò che non spiega, invidia ciò che non possiede.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Poco importa come o chi sono loro. Importa chi vuoi essere tu. Come vuoi vivere. E dovresti farlo. Ti sentiresti meglio. Ti sentiresti giusta.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

A guardarsi negli occhi ci vuole coraggio e la vita gli aveva fatto abbassare lo sguardo.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Si studiarono, si capirono, decisero di appartenersi.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Non ci furono comandi, ma richieste, non ci fu obbedienza, ma fedeltà.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Si spegneva come uno stoppino bagnato, liberando un debole filo di fumo che si sforzava di far passare per una fiamma ardente e vitale.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Ti chiedo per favore di aver rispetto dei miei sogni e della mia fatica di stare al mondo con dignità.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Finirò per essere sparpagliata tra le felci, una sola briciola invisibile e inconsistente.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

In quella solitudine, che per lei era casa, tutta la sua vita, era felice.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il cuore le si stava svuotando.
Non avveniva all’improvviso, ma poco alla volta.
Uno stillicidio.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Chi sei tu? Che vivi in me, che palpiti in me, che ti rivolti contro il mio stesso volere. Impossibile che il tuo nome sia Laura, impossibile che tu sia me e io sia te.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Tu non sai che pena sia assistere impotente alla perdita della propria umanità.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Gesti di veleno viola, dal sapore guasto, corrotto.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Era il padre che aveva perduto, il compagno che avrebbe desiderato, il fratello mai nato.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il battito d’ali è così breve.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Alcune persone, semplicemente, se ne vanno un poco alla volta, giorno dopo giorno.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il respiro di un vecchio, spoglio, nel sonno, del fascino della parola, dei ragionamenti senza età, delle battute irriverenti.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

“Quando è amore?” […]
“Quando il mondo si fa cornice.”
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Scriverai? Scriverò. Tornerai? Tornerò. […] Il mio posto è il tuo posto, ovunque esso sia.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Anche le catene d’amore segano la carne, e le tue mi stanno uccidendo.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Era la cosa più difficile da fare, amare facendo un passo indietro.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Sua madre era bella anche quando non aveva alcun proposito di piacere. Era bella anche quando si divertiva a fare la matta.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

La nostalgia delle piccole cose lontane.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il perdurare dell’assenza aumentò il suo attaccamento e la mancanza.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Una sorpresa. La sua presenza, nonostante l’assenza.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Avvertì tutta l’impotenza. L’incredulità. Il vuoto. Un bisogno fisico di dare un senso e l’inconsolabile assenza di significati.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Si soffermò su quei lineamenti amati che le sarebbero mancati. Se ne abbeverò come fossero una sorgente nel deserto.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Dove sei adesso mamma?
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Doveva pensare, ma non c’era tempo per farlo. Il tempo era da vivere, in quel momento.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Un uomo pacificato con la miseria del proprio destino.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Io non voglio perdere una goccia del mio dolore. È il dolore che rende uomini.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

“E così te ne vai?”
“Sì […] E tu? Cosa farai ad agosto?”
“Non lo so, Annina. Piangerò.”
“Non dire così.”
“Lo sai che è la verità.”
“Allora, ciao.”

(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il bene che si vuole e si riceve non basta a tenere unite le persone.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Ti ho pensato tanto, Non ti penso più, Ti amo, Ti odio, Sei tutto, Non sei nulla.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Le farfalle si posano, ma non si fermano.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Ho paura di rimanere il rospo che sono da tutta la vita, striato, viscido e brutto.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Quella lontananza era, inconsapevolmente, il filo più stretto che li teneva uniti.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Il valore di una persona non si esaurisce in un numero. Le difficoltà e i fallimenti, a volte, rendono più nobili del successo.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Pensò che potesse essere un posto, quel sorriso. Un posto in cui perdersi senza smarrirsi, una mare calmo e profondo.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Acqua di mare non porta mai quiete.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Anche se si torna nei medesimi luoghi, non si possono ripercorrere gli stessi passi, ma solo tracciare nuovi cammini.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

La vita era una giostra, bastava rimanerci sopra e non perdere neanche un giro, volare in alto, sempre più veloce, senza paura di cadere.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Era bella da morire. Una vertigine. Un precipizio in cui lasciarsi cadere.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Alcune persone si perdono come bottoni allentati. Rimangono unite da un filo sottile finché un giorno qualunque si scuciono del tutto e via, senza dolore né rimpianto. Altre persone, pur perdendosi, continuano a vivere le une dentro le altre, sottotraccia, come malattie silenti che abitano il sangue. Possono rimanere distanti una vita interna, ma non possono smettere di appartenersi. Sono amori che non si esauriscono.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Aveva tentato di silenziare l’eco di quei luoghi.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Può un luogo essere l’amore? L’approdo di ogni ricerca, il respiro nel respiro?
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Quando il dolore è troppo duro, non riesce a sciogliersi.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Non sono mai morta, sono solo andata via.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Sapeva bene cosa volesse dire vivere senza risposte. Conosceva le tenebre in cui si sprofonda dibattendosi nella menzogna.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

I giorni passano uno per volta, ma quando ce ne accorgiamo sembra che siano passati tutti quanti insieme.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Fammi guarire o perdonami il coraggio di desistere. 
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Sto cercando una mamma perché ho perso la mia.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

La tormentava l’idea che la fatica di vivere di sua madre avesse superato la paura della morte, che fosse entrata in un tunnel così autodistruttivo, claustrofobico e ineluttabile che ogni cosa aveva corroborato la sua volontà di suicidio e nulla era più riuscito a riconciliarla con il passato, il presente e soprattutto con il futuro.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

La terra sopravvive a ogni cosa.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

I luoghi appartengono a chi li ama, non a chi li possiede.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Niente è più inabitabile di un posto dove siamo stati felici (Cesare Pavese, La spiaggia)
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

La vita delude e sorprende. Nega e regala. È ingiusta e generosa. La vita se la ride della tue previsioni.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

L’amore è una chimera, una menzogna che dura quanto una fioritura e appassisce nel cuore di chi ci ha creduto.
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

Non abbiate rimorsi. Ciò che conta non è accompagnare nella morte, ma nella vita. 
(Laura Martinetti – Manuela Perugini, Dolce acqua)

FacebookTwitterLinkedInInstagramYouTubeTelegramTikTok