La bambina di Odessa

La nascita negli anni Venti (da genitori italiani) in quella che oggi è ancora
l’Ucraina, il ritorno in patria, la lotta partigiana, l’insegnamento a scuola, gli
anni Settanta e poi il dolore più indicibile: la morte di un figlio, negli scontri
studenteschi. E ancora, una battaglia di vent’anni per far emergere la verità:
Lydia Buticchi Franceschi, donna, madre, insegnante e testimone di un
Novecento attraversato a testa alta, è qui raccontata dalla penna di
Tiziana Ferrario.

«Non si può vivere nell'odio. Non si semina niente.»
Lydia Franceschi


Nata a Odessa nel 1923 da Amedeo, comunista fuggito dall’Italia per non
finire nelle carceri fasciste, e Lidia, italorussa che abbandona le proprie
origini borghesi per sposare la causa della Rivoluzione, Lydia prende il nome
dalla madre, morta misteriosamente pochi giorni dopo la sua nascita.
Tornata in Italia col padre e rimasta orfana a dodici anni, dopo che questi
è ucciso dal cognato in camicia nera, cresce in solitudine e partecipa alla
Resistenza come staffetta partigiana, diventa insegnante e poi madre
di due figli, fino al giorno che segnerà la seconda metà della sua esistenza.
Il 23 gennaio del 1973, durante una manifestazione all’esterno della
Bocconi, suo figlio Roberto, ventenne e tra i leader del movimento
studentesco milanese, è colpito a morte alla nuca da un proiettile
sparato dalle file della polizia. Per ricostruire l’accaduto e chiarire le
responsabilità delle forze dell’ordine, Lydia inizia una battaglia che durerà
oltre vent’anni. Lo Stato – incapace di identificare i colpevoli – si assumerà
l’intera responsabilità risarcendo la famiglia che devolverà tutto alla
Fondazione Roberto Franceschi, costituita nel 1996 in memoria del giovane
ucciso. Lydia si è spenta a Milano il 29 luglio 2021.

I proventi della vendita di questo libro saranno destinati alla
Fondazione Roberto Franceschi Onlus (www.fondfranceschi.it).

VIDEO RECENSIONE by SEGNALIBRO

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