Titolo: La fiera dell’autenticità
Autore: Gilles Lipovetsky
Traduttore: Francesco Peri
Editore: Marsilio
Collana: I nodi
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 30 settembre 2022
Pagine: 400 p., Brossura
Generi: Saggi | Sociologia
Gilles Lipovetsky è professore di Filosofia all’Università di Grenoble, è autore di numerose opere sulle trasformazioni sociali e culturali del mondo contemporaneo, in particolare quelle che riguardano la moda, il lusso, i consumi. Tra i suoi libri tradotti in italiano, L’era del vuoto (1983), Una felicità paradossale (2007), Sulla società dell’iperconsumo (2007), Il tempo del lusso (2008) e La terza donna (2021).
«Sii te stesso» è il mantra della contemporaneità, il comandamento che domina incontrastato nella nostra epoca. L’etica dell’autenticità è dilagata nei consumi, nella politica, nella sessualità, nel rapporto con la famiglia, il lavoro e la religione, persino nel turismo, nel cibo, nella moda e nella cosmesi. Essere se stessi non è più un dovere morale, ma un diritto, un valore di culto, la maggiore aspirazione nella «modernità democratica». L’autenticità sembra essere il rimedio a tutti i nostri mali, ma può davvero plasmare il destino dell’umanità?
Nel descrivere l’evoluzione di questa ideologia dall’Illuminismo ai giorni nostri, il filosofo e sociologo francese Gilles Lipovetsky indaga gli effetti antropologici scaturiti dall’imperativo di essere se stessi e ripercorre le tappe della sua secolare odissea – la fase eroica, dalla seconda metà del xviii secolo agli anni cinquanta, libertaria, negli anni sessanta e settanta, fino a quella iperbolica attuale, in cui l’autenticità è generalizzata e normalizzata, simbolo e strumento di una rivoluzione che l’ha vista trasformarsi in un feticcio. Spogliata dell’aura filosofica e intellettuale di cui pensatori come Rousseau, Kierkegaard, Nietzsche e Sartre l’avevano ammantata, addirittura rinnegata dalla cancel culture e dall’ondata woke, nella vita quotidiana, avida di identità e realizzazione personale, non incontra più ostacoli.
Ma per conservare la sua legittimità deve forse smettere di presentarsi come un modello esclusivo, da applicare a priori, perché «ciò che è autentico non è necessariamente buono, e l’inautentico non è necessariamente da scartare».