“Lezioni su Shakespeare” di W.H. Auden, pubblicato nel 1948, e riedito nuovamente dalla casa editrice Adelphi, è un’opera unica nel suo genere che trascende i confini della critica letteraria per divenire un’esplorazione profonda ed emozionante della natura umana e della forza prorompente del teatro. Attraverso una serie di lezioni magistrali e irripetibili, il gigantesco poeta britannico guida il lettore attraverso le opere teatrali del Bardo, svelando i segreti della sua arte e ponendo in luce i temi universali che le pervadono.
Auden crea un vero e proprio approccio innovativo alla lettura del drammaturgo inglese, poiché non si limita ad uno studio canonico e ad una indagine superficiale dei testi shakespeariani, ma li analizza con una freschezza e una vitalità che li rendono ancora più attuali e coinvolgenti di quanto già non siano. Auden si concentra sul rapporto tra autore, attore e pubblico, esplorando come il teatro sia un’arte che riesce a creare un’esperienza condivisa che non ha eguali, e che trascende le barriere del tempo e dello spazio.
Il libro analizza gran parte delle opere di Shakespeare, tra le quali ricordiamo capolavori immortali e imprescindibili, come: “Riccardo III”, “Amleto”, “Macbeth”, “Antonio e Cleopatra”, “Romeo e Giulietta”, “Giulio Cesare”, “Il mercante di Venezia”, “Sogno di una notte di mezza estate”, “La tempesta”… Auden si concentra su queste opere come esempi emblematici della maestria di Shakespeare, evidenziando la sua capacità di esplorare la complessità dell’animo umano e di mettere in scena le grandi passioni che ci governano.
Attraverso l’analisi di queste opere immense, Auden invita il lettore a riflettere su temi universali come l’amore, la morte, il potere, la vendetta e la follia. Egli sottolinea in maniera estasiata, ma oggettiva, come Shakespeare riesca a dare voce a queste emozioni profonde e a renderle tangibili ed evidenti sulla scena, creando personaggi indimenticabili che pongono interrogativi sull’esistenza stessa dell’umanità e sui misteri che ci circondano e ci abitano.
Lo stile di Auden è brillante e accessibile, capace di rendere comprensibili anche i concetti più complessi. Egli utilizza un linguaggio ricco di metafore ed esempi, poetico, ma mai criptico, che rende la lettura piacevole e stimolante anche per chi non ha una conoscenza approfondita del teatro shakespeariano.
Le motivazioni che rendono il testo di Auden un vero e proprio capolavoro della saggistica sono la possibilità da parte del lettore di approfondire la propria conoscenza di Shakespeare e delle sue opere, scoprire una nuova prospettiva critica sul teatro shakespeariano, riflettere su temi universali come l’amore, la morte, il potere e la follia. E il tutto potendo godere di una lettura stimolante sia a livello stilistico che contenutistico.
“Lezioni su Shakespeare” è un’opera di grande valore che offre una nuova prospettiva sul genio assoluto e probabilmente irripetibile di William Shakespeare. Il mondo del Bardo è osservato, analizzato e descritto con passione e acuta intelligenza, svelando i segreti della sua arte e invitando il lettore a riflettere sulla natura umana e sul potere del teatro. Un saggio essenziale di un autore immortale guardato con gli occhi ammirati di uno dei più grandi poeti del secolo scorso.
Traduttore: Giovanni Luciani
Curatore: Arthur Kirsch
Editore: Adelphi
Collana: Biblioteca Adelphi
Anno edizione: 2024
In commercio dal: 2024
Pagine: 509 p., Brossura
Wystan Hugh Auden (York 1907 – Vienna 1973), poeta inglese. Studiò a Oxford, nel collegio di Christ Church, e dopo vari viaggi in Germania insegnò in una scuola elementare. Nel 1930 pubblicò il primo volume di Poesie (Poems); in seguito collaborò con l’amico Christopher Isherwood alla stesura di tre opere teatrali in versi, Il cane sotto la pelle (The dog beneath the skin, 1935), L’ascesa di F6 (The ascent of F6, 1936) e Alla frontiera (On the frontier, 1938). Nel 1936 partecipò alla guerra civile spagnola, nelle file dei repubblicani; nel 1938 sposò la figlia di Thomas Mann, Erika, e l’anno seguente si trasferì negli Stati Uniti, dove prese la cittadinanza americana. Tornò in Inghilterra per un breve periodo nel 1956, per assumere la cattedra di poesia a Oxford. Oltre alle opere citate pubblicò, tra l’altro, Gli oratori (The orators, 1932), opera sperimentale in prosa; le raccolte poetiche Guarda, straniero! (Look, stranger!, 1936), Un altro tempo (Another time, 1940), Lo scudo di Achille (The shield of Achilles, 1955); l’oratorio Per il tempo presente (For the time being, 1945); i poemetti Lettera per l’anno nuovo (New year letter, 1941), L’età dell’ansia (The age of anxiety, 1948), Omaggio a Clio (Homage to Clio, 1960); la raccolta di saggi critici Gli irati flutti (The enchafed flood, 1950) e vari libretti d’opera, tra cui, in collaborazione con Ch. Kallman, La carriera di un libertino (The rake’s progress, 1951) per la musica di Stravinskij.A. divenne famoso nell’Inghilterra degli anni Trenta come caposcuola della nuova generazione di poeti, accomunati dall’impegno sociale e politico e dall’interesse per le dottrine di Marx e di Freud. Negli anni successivi, egli in parte si staccò da tali posizioni per accostarsi a una tematica religiosa e metafisica. La sua opera è caratterizzata, soprattutto nel primo periodo, da una straordinaria perizia stilistica nell’uso, e sovente nell’accumulo, dei paradossi, delle antitesi, degli anticlimax e degli aforismi; la sua gamma espressiva si alimenta anche di immagini ardite e sorprendenti, derivate dalla filosofia, dalla psicologia, dalla politica e dalla mitologia. A. infatti venne sviluppando la teoria di T.S. Eliot secondo la quale la sensibilità poetica condensa (e non discrimina) esperienze diverse, sia intellettuali che pratiche, quotidiane o metafisiche. Per l’elaborata ricchezza delle figure retoriche, la sua poesia è stata definita neo-manieristica.