Luoghi Etruschi

Per il pubblico che ama la letteratura di viaggio di alto valore letterario, la nuova edizione di un classico introvabile.

D.H. Lawrence esplora gli antichi mondi etrusco e romano contrapponendo la gioia di vivere etrusca, da lui prediletta, alla forza e alla potenza del futuro Impero Romano

«In questo viaggio che porta Lawrence ad attraversare l'Etruria fino a Volterra si ritrova una scrittura piacevole da grande narratore di viaggio».
la Repubblica

L’interesse di D.H. Lawrence per il mondo etrusco non si esaurisce in una visione puramente archeologica: anzi, al contrario, l’universo.

L'OPERA

Questa cronaca di viaggio, compiuto tra marzo e aprile del 1927 negli antichi luoghi di sepoltura etrusca dell’Italia centrale con l’amico, il conte Henry Brewster, rispecchia il senso di religiosità diffusa tipico del pensiero di alcune opere di Lawrence, che unisce uomo e natura in un impeto selvaggio.

Per Lawrence gli Etruschi erano un popolo con un atteggiamento positivo verso la vita nel loro rifiuto di cedere alla malinconia. Nelle tombe coglieva la testimonianza di una realtà felice e spensierata, in cui la morte appare come una continuazione del meraviglioso viaggio della vita, colmo di percezioni e di piaceri: «Poiché la vita sulla terra era così bella, la vita sottoterra non poteva esserne che la continuazione».

Del misterioso popolo lo affascina innanzitutto la gioia di vivere, la genuinità naturale, l’istintualità non ancora viziata dall’intellettualismo, tutte qualità che egli contrappone polemicamente alla viziata volontà di potenza romana e al vuoto estetismo greco, compiendo così, all’interno del mondo classico, una scelta di campo che riflette pienamente la sua poetica.

COME COMINCIA

Gli etruschi, lo sanno tutti, erano il popolo che occupava l’Italia centrale ai tempi della prima Roma e che i romani, da buoni vicini come sempre annientarono per far posto a una Roma con la «erre» maiuscola. Non li avrebbero sterminati tutti, ce n’erano troppi, ma riuscirono a cancellarli come nazione e come popolo. Fu l’inevitabile risultato di un espansionismo con la «e» maiuscola, la sola ragion d’essere di gente come i romani.

Degli etruschi non sappiamo niente tranne quello che abbiamo trovato nelle loro necropoli. Ne fanno qualche accenno gli scrittori latini, ma per una conoscenza di prima mano abbiamo soltanto le tombe. Non resta perciò che andare alle tombe e ai musei che ne conservano i reperti.
Quanto a me, la prima volta che ho osservato con attenzione delle cose etrusche, nel Museo di Perugia, sono stato subito attratto. Con gli etruschi pare che succeda sempre così: o c’è immediata simpatia, o disprezzo e indifferenza altrettanto immediati.

Moltissima gente disprezza tutto quello che di non greco c’è stato prima di Cristo, perché vorrebbero che fosse greco anche se non lo è. Così l’arte etrusca viene minimizzata come una pallida imitazione greco-romana e un grande scienziato della storia come Mommsen a malapena ammette che gli etruschi siano esistiti. Gli erano antipatici: il prussiano in lui era affascinato piuttosto dallo spirito prussiano di Roma, alla conquista di tutto. Così questo grande scienziato della storia arriva quasi a negare l’esistenza stessa del popolo etrusco: non gli piaceva pensarci, e tanto bastò.

Del resto gli etruschi erano malvagi: lo sappiamo perché lo dicevano i loro nemici, proprio come sappiamo delle inaudite crudeltà dei nostri nemici nell’ultima guerra. Ma chi non è crudele con il nemico?

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