Eugenio Murrali è giornalista e saggista. Collabora con Il Foglio e Vatican News. “Marguerite è stata qui” è il suo primo romanzo.
Se potessi dire in una parola che tipo di storia racconta “Marguerite è stata qui”, direi sicuramente una storia d’amore. Sì, e sono convinta di non poter essere smentita. E non perché le pagine descrivano un romance, anzi. Viene raccontata una donna incredibile che ha vissuto due guerre, il dopoguerra, che ha viaggiato e abitato nel mondo, prima donna eletta all’Académie française, che con i suoi scritti è riuscita ad entrare nel profondo dell’animo umano. Però, come dicevo, questo libro è una storia d’amore, una sublime dichiarazione di Murrali per la sua amata Marguerite.
Il romanzo sembra diviso in due parti: la parte della giovinezza in cui Marguerite ha vissuto drammi (come la morte della madre), ma comunque nel privilegio della ricchezza, e la parte dell’età adulta in cui si vede costretta a lasciare l’Europa, per trasferirsi in America, in cui le sue condizioni non sono proprio quelle di un tempo. In mezzo, la seconda guerra mondiale che ha sconvolto ogni cosa. Sembra che la sua vita ricalchi esattamente quello che è stato il Novecento, dove da una parte c’è il mondo antico e dall’altra il mondo moderno.
“Marguerite è stata qui” è a metà tra una biografia romanzata e un memoir. Attraverso l’io narrante, il protagonista, che va a conoscere i luoghi di Marguerite Yourcenar, dà voce alle persone che hanno in qualche modo fatto parte della vita della scrittrice. Raccontando loro stessi, raccontano lei.
Attraverso i luoghi racconti Marguerite e i personaggi che l’hanno vissuta. I luoghi stessi in cui ha vissuto formano Marguerite Yourcenar. Ti sei domandato nel libro e io ti domando “Qual è il nostro rapporto con i luoghi?”
I luoghi hanno una feroce ambivalenza. Possono restare immobili per anni, decenni e secoli o cambiare repentinamente e radicalmente, trasformarsi molto più e più velocemente di un essere umano. Ma che cambino o restino pietrificati, i luoghi contengono tracce, una memoria silenziosa che può entrare in risonanza con noi, trasportarci dentro ferite ed emozioni del passato.
Marguerite Yourcenar, donna davvero libera, un’attivista per i diritti degli animali, è stata descritta (nel tuo libro) da uomini e donne. Hai raccontato, tra l’altro, in maniera molto poetica alcuni personaggi femminili. Com’è stato per te immedesimarti con così tante voci? Raccontare le donne con le proprie paure e i moti del cuore?
La scrittura delle voci è stato il momento più difficile. Ogni volta mi immergevo con il dubbio di non saper risalire, di non essere in grado di riportare in superficie i segreti degli esseri che visitavo. E questo valeva per le voci femminili come per quelle maschili. Ogni individuo è un cosmo, ogni donna è diversa, ma avere letto molte scrittrici, aver vissuto spesso legami forti con donne vitali e intelligenti, aver avuto in famiglia figure femminili battagliere e rigorose mi ha aiutato a entrare dentro alcuni pensieri, a capire desideri e paure.
Cosa potevano essere la giovinezza e l’amore negli anni ‘30, da poco finita una guerra e con la minaccia di una nuova alle porte?
Esperienze da vivere con grande intensità, stagioni forti che l’attiguità con la morte rendeva difficili, a volte dolorose, ma certo molto significative.
Scrivi: “Marguerite non poteva accettare di aver amato un uomo che, nell’ottobre del 1941 a Weimar, avrebbe preso parte al congresso “La letteratura nell’Europa di domani” organizzato dai nazisti per coinvolgere gli intellettuali nel loro percorso folle e criminale.” Questa, per Marguerite, è stata la prima vera delusione della vita? Persino più dolorosa di amare un uomo che non poteva ricambiarla?
Credo di sì. Il primo dolore è stato il licenziamento della bambinaia Barbe che le aveva fatto da mamma, ma una delle delusioni grandi di cui ci dia conto è stata proprio la partecipazione di alcuni amici intellettuali a quel convegno. Nell’amore c’è una dimensione fatale, la passione ferita e non ricambiata si è trasformata in lettura, ha fatto sì che nascesse “Fuochi”. La delusione è diventata invece silenzio, in alcuni casi cancellazione, constatazione sofferta ma lucida di una distanza incolmabile.
I due amori, molto diversi, della seconda parte della vita di Marguerite sono stati prima Grace Frick, che ha vissuto con lei circa 40 anni della sua vita, e poi Jerry. E lei li ha visti morire entrambi. Puoi parlarci di loro?
Due amori molto diversi che forse rispondevano a differenti istanze dell’animo di Marguerite. Il rapporto con Grace, nato come una delle passioni che irrompevano nella giovane scrittrice e viaggiatrice degli anni Trenta, ha saputo trasformarsi in un amore stabile, coniugale, fatto di molte premure e attenzioni, della devozione profonda che Grace ha dimostrato verso la compagna, persona e autrice. Trovo sempre commovente pensare a quanto abbiano fatto l’una per l’altra: Grace in termini di protezione, sostegno, catalogazione del lavoro, Marguerite con il suo fermo affetto, soprattutto quando Grace era ammalata e aspra, e lei rinunciava ai viaggi che tanto amava e non affidava a nessun altro le traduzioni in inglese dei suoi libri.
Difficile descrivere anche l’amore per Jerry, più complesso di una passione. Questo giovane americano omosessuale, conosciuto poco prima che Grace morisse ed entrato poco dopo la sua scomparsa nella vita di Marguerite, era certamente un uomo contraddittorio. Non è sempre stato irreprensibile nei confronti dell’ormai accademica di Francia. La sua fine tragica, a causa dell’AIDS, ha segnato un discrimine nella vita della donna, morta poco più di un anno dopo di emorragia cerebrale. Per quanto non sia stato facile avere accanto questo ragazzo vitale e ribelle, Yourcenar lo ha amato moltissimo e lo ha sempre difeso.
Si parla di felicità, all’inizio, mentre la madre di Marguerite sta morendo. Ne parlano l’ostetrica e la mamma Fernande. “Per me la felicità è consistita in una serie discontinua di parabole fulminee.” È questa la felicità?
Quasi ogni personaggio ha una sua idea di felicità, forse perché non ne esiste una universale. La felicità più stabile, quella che forse cercava Marguerite, pur rinunciandovi a volte, era una specie di “sapientia”, di calma energia con cui affrontare la vita. Credo che una forma di imperturbabilità sia importante oggi, per tenere la barra dritta di fronte alla confusione che ci circonda, ma a volte è bene accogliere anche l’imprevisto, il rischio a cui ci espongono i sogni, i desideri.
La morte è uno dei temi cardini di tutto il pensiero di Marguerite Yourcenar e il tuo libro si apre, anche perché cronologicamente è proprio così, con la vita di Marguerite e la morte di sua madre Fernande. “Mentre si aspetta la morte bisogna perdonare se si è santi o dimenticare se si è almeno saggi.” È così?
Il perdono e l’oblio sono due eccezionali forze. Ovviamente non ci sono leggi universali, ma credo che viaggiare più leggeri dia un altro ritmo al nostro passo, anche verso la meta ultima.
Mi ha colpito la premura che le persone avevano a quell’epoca, siamo nel 1903. Ad esempio, quando c’era qualcuno che stava male, in fin di vita, veniva messa della paglia sulle strade per attutire qualsiasi rumore. Un gesto davvero di grande umanità. Veniva fatto per rispetto del malato o per rispetto della morte, secondo te?
Era un uso molto civile, una delicatezza nei confronti del malato, il segno di una partecipazione del mondo esterno ai dolori di una casa. Mi interessa un’idea di società che sappia attutire i rumori, fare silenzio, sottolineare che è importante anche chi soffre, non solo chi produce.
Una volta c’era l’usanza di fotografare le persone morte. Magari anche insieme alla famiglia. Fai dire: “Non c’è bisogno di figure per ricordarsi di chi si è amato.” Oggi questa pratica non esiste più, eppure non abbiamo perso l’abitudine di fotografare o fare selfie anche di fronte ad incidenti gravi. Secondo te, da dove viene questo impulso viscerale di immortalare situazioni tragiche e dolorose?
Aldegonde, la cuoca, ha una certa diffidenza rispetto a quello che fanno “i signori”. A volte le sembra abbiano desideri superflui, poco sensati. Credo però che sia opportuna una distinzione tra l’uso passato di fotografare i morti e la morbosità di certi scatti che si fanno oggi. All’epoca non si fotografava ogni momento dell’esistenza, ma solo i passaggi più importanti e spesso, per l’alta mortalità, la nascita coincideva con la fine della vita. Si dava solennità a quei momenti, anche attraverso uno strumento non alla portata di tutti come la fotografia. Oggi le foto della morte sono legate a tragedie o delitti, mentre, e sembra un paradosso, la morte naturale, di cui non dovremmo avere troppa paura, non si deve fissare. Faccio un esempio personale. Da bambino ho conosciuto per la prima volta da molto vicino la perdita quando è scomparsa mia nonna. Lei aveva chiesto di essere sepolta con il vestito da sposa. Io ho in testa questa immagine di un volto angelico, di una donna che il tempo aveva consumato e mi sembrava bella in quel vecchio abito nuziale. Oggi non mi verrebbe mai in mente, ma all’epoca, con innocenza, avrei voluto fotografarla. In molte foto di oggi c’è invece voyeurismo o esibizionismo, non affetto o desiderio di memoria.
“Marguerite vuole sedurre ogni essere, uomo o donna che sia, con il fascino dell’intelligenza, con la forza della parola, con la profondità della cultura.” È questa la vera bellezza?
L’intelligenza è una forma della bellezza, spesso più durevole dell’avvenenza fisica. Però non farei una classifica o un discorso sull’autenticità dell’una o dell’altra. Divinizzare la propria mente può essere non meno pericoloso che divinizzare il corpo. L’armonia, l’equilibrio mi sembrano concetti che si avvicinano di più all’idea di bellezza.
La cuoca Aldegonde dice: “Una famiglia che funziona è una famiglia con una buona cuoca, perché per vivere bene insieme bisogna mangiare bene insieme. Anche sotto terra, la cucina è il posto più importante della casa.” Sei d’accordo? Pensi che il cibo sia la chiave per avere una famiglia che funziona?
No, certo, non basta, ma Aldegonde è la cuoca, ha un buon concetto di sé e può pensarlo. Nondimeno la convivialità ha un ruolo molto importante in ogni comunità. Oggi si è più attenti al “mangiar bene”, ma molto meno alla dimensione sociale del cibo. È una perdita non parlarsi a tavola, stare incollati al televisore o peggio ai cellulari.
Hai qualche altro “amore” di cui vorrai scrivere?
Forse sì, ma non subito, prima vorrei tentare altre vie della scrittura.
Se tu fossi un Segnalibro, in quale libro – a parte il tuo – staresti?
Starei in quello di Roberto Cotroneo: “La cerimonia dell’addio” (Mondadori 2023). Un libro importante sul tema della perdita.
Titolo: Marguerite è stata qui
Autore: Eugenio Murrali
Editore: Neri Pozza
Collana: I narratori delle tavole
Anno edizione: 2023
In commercio dal: 14 novembre 2023
Pagine: 256 p., Brossura
Eugenio Murrali è giornalista e autore di libri, tra cui, con Dacia Maraini e prefazione di Dario Fo, Il sogno del teatro. Cronaca di una passione (BUR, 2013). Per Feltrinelli ha pubblicato Vincere le delusioni. Contromosse per superarle e non farsi avvelenare la vita (con Pascale Chapaux-Morelli; Feltrinelli Urra, 2017).
LE CITAZIONI
Aveva la forza di chi non rincorre la felicità
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Nel silenzio spazioso della sua mente sussurrava una preghiera senza dèi
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Quel viaggio era una cesura nel pentametro dei giorni.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Gli addii tristi non si imparano.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sbagliare era una grande libertà.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
La speranza è la ricchezza di noi povera gente.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Mi sembra curioso pensare che tutto fuori rimane uguale, anche quando dentro c’è stata una tragedia. Le cose del mondo sono indifferenti.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Nel mistero delle età umane dimentichiamo continuamente ciò che siamo stati, smettiamo di comprendere nel momento in cui smettiamo di essere e non ci conosciamo mai del tutto.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Prendersi le proprie responsabilità è prendersi il proprio posto nel mondo. E io il mio posto nel mondo lo voglio, perché mi aiuta a credere alla felicità.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Io volevo soltanto essere felice. E siccome non ci sono riuscita, ho tentato almeno di non essere troppo triste.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Per me la felicità è consistita in una serie discontinua di parabole fulminee.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Io avevo imparato troppo e tu troppo poco della solitudine.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Stanchezza e paura hanno attratto le nostre rotte.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Tutto, secondo le convenzioni, avrebbe portato a concludere che tu fossi l’uomo sbagliato e per questo eri l’uomo giusto.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Mentre si aspetta la morte bisogna perdonare se si è santi o dimenticare se si è almeno saggi.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Aveva quel potere crudele di alcuni giovani, capaci di mettere in soggezione gli adulti, di farli sentire inetti, del tutto inadeguati a comprenderli, ad amarli.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Non si può pretendere che la giovinezza sia così saggia da non sprecare il dolore.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Abbiamo avvertito la tristezza, senza lasciarla trasformare in disperazione.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Dare indietro la vita con i suoi errori e le sue gioie leggere mi sembra ingiusto.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Signore […] se mi senti, non lasciare che l’assenza di un tuo segno visibile faccia sprofondare altre cellule dell’umano nel vizio dell’incredulità.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Se capisci, se presagisci, sei cattivo, sei insensibile.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Un figlio troppo diverso da sé è un popolo in rivolta che non tieni con nulla.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Certi esseri non sanno accettare la sofferenza, perché non sanno accettare il destino.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Noi vecchi siamo vivi, ma non abbiamo più vita, tutto è alle spalle, forse per questo siamo cattivi, per invidia di vita.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Non c’è bisogno di figure per ricordarsi di chi si è amato.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Io sono indifesa di fronte all’amarezza.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Gli uomini […] non sanno capire e amare davvero, perché non sanno stare soli. Noi sappiamo farlo, la nostra vita lo dimostra.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Per essere felici servono anche la sciocchezza e l’illusione.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Perché svegliarsi, quando si può dormire sopra la vita?
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Quando qualcuno ci lascia, quello che fa più male di ciò che resta non sono gli oggetti in sé, ma l’azione che vi rimane attaccata e richiama un gesto molto o poco amato.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Il passato passerà, e a quel punto saremo noi a reinventarlo.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sono la madre formica di un figlio cicala.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
È strano poter generare chi non ci somiglia.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Non è una resa, ma una stanchezza quieta. Una pausa dentro il movimento?
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Lassù, un uomo senza illusioni potrebbe vivere e morire in pace, e dissolversi nel divino anche senza credere in Dio.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Solo nell’altrove si può vivere a proprio agio.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sono io a nascondermi, per non incontrare gli occhi inflessibili di un amore difettoso.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sono stata una madre sfocata, ma un’ottima padrona.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
I giacinti sono di nuovo in fiore. Invece io ho quasi trent’anni, perdo petali da tutte le parti e non combacio con nulla.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
A volte sento dire che questa sarà l’ultima guerra prima della pace. A cosa credere? La verità fatta a brandelli è più feroce della menzogna.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Abbiamo perso quella leggerezza che precedeva l’inizio della guerra, l’idea che la nostra tranquillità fosse la tranquillità di tutti, che noi potevamo perderci, ma il mondo non era perso. Adesso, ci salviamo nonostante il mondo, o, in ogni caso, senza di esso.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
La nostra vita era così piccola di fronte alla Storia, ma comunque bisognava farci i conti.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Questa materia corrosa dal tempo si riveste dell’eternità che noi perdiamo quando ci sfuggono il vigore e la giovinezza.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Ho camminato sulla vita con passo leggero, ho conosciuto poche pause, forse nessuna. L’atleta che si ferma avverte più grave il peso dell’immobilità, l’uomo che ha vissuto sente più intensamente il sapore della morte.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Giocare insieme è stato bello, il resto non mi sembra importante.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Mentre canta la sua sconfitta, celebra il suo trionfo.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Anche la sua frase più bella non potrà avere il mio corpo.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sono fragili le ore della felicità.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
È stata una proposta stupida. Eppure con qualcuno che si vuole amare a lungo non si condividono solo i momenti intelligenti.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Tra di noi intimità, intelligenza. Muta in parole le fiamme che hanno arso la sua serenità.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Ci giudica con la lontananza di chi invecchia.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
La sua presenza porta con sé un’energia sotterranea, una forza sconosciuta.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Condividono la paura di morire, e forse in quel timore disimparano insieme, a poco a poco, a vivere.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Il profumo è l’anima dei fiori e stanno uccidendo quest’anima. […] Nessun fiore di fiorista ha un profumo e le loro rose non sono che simulacri.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
L’amore è stato movimento, ma anche stasi, ripetizione ma anche cambiamento, ed è stato soprattutto amicizia, devozione, condivisione, fedeltà.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Forse amare è questo, è aspettare un ritorno. Io aspetto.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Vivere conta più che scrivere. Le immagini sono più importanti delle parole. Io voglio esistere come certi corsi d’acqua dell’Arkansas, scavare le pareti di roccia, levigare gli argini.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sembra felice, come chi non vuole sapere, non vuole vedere che tutto precipita.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Sono qui. Sono tornato. Non sapevo starti vicino. Non so starti lontano.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Ho messo da parte per qualche giorno la pulsazione di desiderio che mi lega a lui, il nostro destino di chi non ha più destino.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Io so guardare solo la bellezza della materia, tu vai al di là.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Amrita Pritam: “Il furto dei sogni è il peggiore dei furti”.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Non ho più giorni per pentirmi, e non fa parte di me. Conosco solo la presenza e l’assenza, la vicinanza e la lontananza, la carezza e lo schiaffo, il mio vocabolario è semplice, senza gradazioni. Ho creduto più di te alla felicità e alla disperazione, ho rovesciato la vita.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Ho vissuto precipitosamente. La mia fine assomiglierà alla mia esistenza.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Anche tu pensi che la morte sia l’unica porta per uscire da un mondo in cui tutto muore.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Ho visto una luce inquieta nelle tue iridi di vento marino.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
È iniziata l’ultima esperienza della mia vita e si chiama morte.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Gli eccessi di febbre peggiorano. Una di quelle notti mi sembra di vedere tutto con troppa chiarezza: la violenza del mio amico, la mia, la mia malattia, la tua tenerezza e quella morte precoce che avevo sempre sentito vicina, ma che allora come adesso era lì, come un cane fedele.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Mi hai raccolto che già ero poca cosa. Abbiamo ripreso la via di casa, la nostra giovinezza era finita.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Resta tra noi il silenzio, quello tra due amici, uno dei trentatré nomi di Dio.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)
Mi sento di nuovo tutto intero.
(Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui)