Qualcosa rimane

Titolo: Qualcosa rimane

Autore: Stefano Mariantoni
Editore: Funambolo
Collana: Vertigo
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 15 settembre 2022
Pagine: 236 p., Brossura

Genere: Narrativa italiana

Stefano Mariantoni è nato a Rieti nel 1974, giornalista e docente di sostegno. Ha pubblicato nel 2009 la raccolta di racconti Curvadivita (Edizioni Cinquemarzo) per poi dedicarsi alla narrativa per bambini e ragazzi: ha ricevuto molti riconoscimenti tra cui il Premio Città di Marostica con un suo racconto per l’infanzia.

Qualcosa rimane, il suo primo romanzo, è già stato premiato al Premio letterario città di Grosseto come migliore inedito.

Alberto Durante fa i conti con l’Alzheimer e con una vita che gli chiede indietro, pezzo per pezzo, tutto quello che s’è guadagnato. Diventa grande nel suo paese piccolo, Alberto. Lo fa balbettando, nel continuo confronto col fratello minore, si rifugia nelle parole, nei libri di Anna e nei suoi occhi grandi. Ha la strada segnata dal padre capomastro, ma se ne allontana per trovare sé stesso e per diventare uno dei tanti ferrovieri emigrati nella grande città, testimone e protagonista di un’Italia che cambia marcia nel dopoguerra. Costretto a tornare al paese, ecco il valzer delle badanti che non stanno dietro alla sua voglia di camminare, i libri in cui il filo si perde, gli inciampi, i sussulti e la leggerezza di un passato che è sempre presente. In tutta questa confusione, combatte a colpi di passi la condanna del dimenticare. S’aggrappa alle emozioni della sua storia, che rivive tutta nell’arco di ventiquattr’ore. E si sente ancora vivo, in questo giorno che sarebbe un peccato non raccontare.

Stefano Mariantoni scrive un breve romanzo toccante e delicato, utilizzando, come pochi sanno fare, una prosa che di continuo strizza l’occhio alle forme più alte di poesia.

Quando è nato mio fratello Franco, io avevo quattro o cinque anni. Non saprei dirlo, di preciso. So che il mio era ancora tempo di guerra. Il suo no. E mi ricordo che ho iniziato a balbettare, subito dopo che è arrivato lui. Che ne so, perché. Dal dottore delle parole non ci sono andato mai, per farmi vedere. Mi veniva da allungare i suoni. M’impuntavo. Ripetevo le sillabe o le parole tutte intere. Intorno alla bocca ci stanno un sacco di muscoli: s’induriva qualcosa lì, battevo le palpebre che non ti dico. La balbuzie ha fatto appena in tempo a farmi diventare solitario. Poi se n’è andata. Ma io sono rimasto così: un po’ vagabondo. E oggi eccola che ritorna: ma è diversa. Inceppa i pensieri. Scombussola tutto quanto. Sì, l’Alzheimer è una specie di balbuzie. Io la penso così. Solo che nessuno la sa guarire, ancora. Te la devi tenere.

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