“The Brutalist” è un film del 2024 diretto da Brady Corbet, con Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Isaach De Bankolé.
“The Brutalist” è un film complesso, stratificato, colto, stilizzato, autoriale: insomma un classico film da festival e possibile incubo per lo spettatore medio. È diviso strutturalmente in una ouverture, due capitoli ed un epilogo così nominati: overture, capitolo 1) 1945-1952 il mistero dell’arrivo – intervallo di 15 min voluto dal regista per concedere allo spettatore di riprendere fiato, capitolo 2) il solido dono della bellezza, e infine l’epilogo: la biennale di Venezia.
La sceneggiatura, nell’ abbracciare trent’anni di vita del protagonista: Laszlo Toh (un ispirato e sofferente Adrien Brody), sollecita la mente e tutti i cinque sensi dello spettatore. Nell’overture è l’udito ad essere fortemente stimolato, dovendo ascoltare contemporaneamente la musica tambureggiante, invasiva e avvolgente, e la voce di una donna, che scopriremo essere la moglie del protagonista, che legge una lettera indirizzata a Laszlo. Il tutto mentre il protagonista si trova in mezzo al caos di una folla urlante che spinge nel tentativo di uscire, non da un campo di concentramento o da un ghetto, ma dalla stiva di una nave.
Infattj laszlo è sbarcato in America. Notiamo infatti la Statua della Libertà e poi gli immigrati smistati e seduti in attesa di ricevere la carta verde per entrare nel Paese. Laszlo è sopravvissuto al lager nazista, ma sfortunatamente non ha più notizie della moglie né della nipote Zsofia. È arrivato in America grazie all’aiuto del cugino (Nivola) che ha aperti un negozio di mobili insieme alla moglie Audrey, creandosi così una vita da cattolico, cambiando il cognome in Miller.
Il primo capitolo ci mostra il tentativo di Laszlo di inserirsi nella mentalità e nella società americana, lavorando con il cugino nel mobilificio. Quando ricevono l’importante incarico da parte del figlio di Van Buren di rinnovare la libreria del padre, sembra essere arrivata la loro grande occasione. Infatti Laszlo, che scopriamo essere un talentuoso architetto, realizza un piccolo capolavoro architettonico. Ma l’entusiasmo è gelato dalla brusca, quanto furiosa, reazione del magnate, sorpreso negativamente dal cambiamento della stanza. Il cugino, deluso dal mancato pagamento, accusa ingiustamente Laszlo del fallimento e d’averci provato con la moglie, quando in realtà è stato il contrario.
Laszlo si ritrova così in mezzo alla strada, senza nessuno su cui contare, ed è quindi costretto a sopravvivere con il cibo delle associazioni di beneficenza. Pur essendo nella terra dei sogni, Laszlo è respinto e messo ai margini, perché straniero e mal tollerato da un Paese impaurito dalla minaccia comunista.
Quando tutto sembra perduto, Laszlo riceve l’inaspettata visita del magnate Van Buren (Un Guy Pierce che si rivela sempre a suo agio nei ruoli rudi, spietati) che, ricredutosi sulla bontà del lavoro svolto dall’architetto, gli apre le porte della sua casa e gli offre l’incarico di progettare un faraonico ed ambizioso centro in onore della sua defunta madre. Qui si chiude il primo capitolo che va valutato come il più fruibile, comprensibile, godibile e narrativamente lineare, nonostante qualche passaggio prolisso e un ritmo piuttosto compassato.
Il secondo capitolo, invece, si concentra essenzialmente su due vicende: il ricongiungimento familiare di Laszlo con moglie e nipote e l’impegnativo e stressante lavoro di progettazione. Laszlo vive questo progetto come fosse una sfida personale, oltre che professionale. Tanto da spingere se stesso in un vortice ossessivo che lo porterà ad un abuso di oppio, diventandone dipendente. Un secondo capitolo che si sviluppa in modo molto caotico sul piano narrativo, nonostante ci troviamo di fronte ad una messa in scena sofisticata, visivamente elegante. La modalità del racconto si presta a differenti chiavi di lettura: dal simbolico, al politico, all’esistenzialistico.
Il ricongiungimento familiare è inizialmente fonte di gioia per tutti, ma lentamente si crea una distanza emotiva ed intima tra Laszlo e la moglie, dovuto anche alla traumatica esperienza subita durante la guerra. L’ossessione per il centro non salva Laszlo da un tragico incidente durante i lavori e la conseguente decisione del magnate di sospendere i lavori e licenziare in tronco Laszlo. L’uomo e la sua famiglia si ritroveranno di nuovo senza casa e lavoro e quindi nuovamente costretti a ricominciare da zero. Un nuovo amaro inizio in un’azienda di progettazione per il protagonista. Finché, dopo anni, il collerico e nevrotico magnante Van Buren non richiamerà l’architetto per riprendere i lavori.
Nonostante i precedenti negativi, l’ambizione di Laszlo è più forte di ogni prudenza e dignità, quindi accetta l’offerta e si espone così ai continui capricci del magnate. Il tira e molla con Van Bruen giunge al punto di rottura nel 1973, non permettendo a Laszlo di completare l’opera. Nonostante tutto, il talento del protagonista verrà riconosciuto ed apprezzato dall’intero Paese.
L’epilogo, ambientato nel 1980, ci porta a Venezia, all’inaugurazione della prima Biennale di architettura in cui si celebra il talento e fama dell’ormai anziano Laszlo. Un epilogo piuttosto forzato e soprattutto da ritenere quasi fuori contesto e privo di un solido e coerente legame con quanto visto ed ascoltato in precedenza.
In conclusione, “The Brutalist” è un film ambizioso e non banale, per certi versi addirittura originale; ma anche, in parte, un lungo e tedioso esercizio di stile con tanto fumo e poco arrosto. Forse, in fondo, la cosa veramente brutale della pellicola, almeno per noi, è l’eccessivo minutaggio, che non permettono al film di rientrare nel novero dei capolavori. Peccato.
SINOSSI
The Brutalist, il film diretto da Brady Corbet, si svolge nell’arco di 30 anni e racconta la vita dell’architetto ebreo László Toth e sua moglie Erzsébet (Adrien Brody e Felicity Jones). Siamo nel 1947 in Ungheria, quando la coppia, sopravvissuta all’olocausto, decide di andare a vivere negli Stati Uniti. Toth è un architetto visionario, di grande talento e spera di trovare oltreoceano terreno fertile per i suoi progetti. I primi tempi sono duri, soprattutto per il fatto che la famiglia deve affrontare umiliazione e fame. Il “sogno americano” finalmente si avvera quando Toth incontra il ricco industriale Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce) che gli commissiona la realizzazione di un grande monumento modernista. Per László è la sfida più importante della sua carriera.
Regia: Bay Corbet
Cast: Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Isaach De Bankolé
Genere: Drammatico
Paesi di produzione: Gran Bretagna
Anno: 2024
Durata: 215 minuti
Uscita cinema: giovedì 16 gennaio 2025
Distribuzione: Universal Pictures
Consigli per la visione: Film per tutti